Jafar Panahi, il regista iraniano che sarà presidente onorario del Bif&st 2023 e al quale il Bari international film festival ha conferito il Premio Fellini per l’eccellenza cinematografica, ha iniziato uno sciopero della fame e della sete per protestare contro la sua detenzione nel carcere di Evin a Teheran, dove è recluso dal luglio scorso, nonostante la Corte suprema iraniana abbia annullato la condanna. Ne dà notizia il “Variety”.
La moglie Tahereh Saeedi e il figlio Panah hanno diffuso su Instagram una dichiarazione rilasciata dal regista dal carcere: per protestare contro il trattamento «illegale e disumano» da parte della magistratura e delle forze di sicurezza della Repubblica islamica e la loro «presa di ostaggi», Panahi ha annunciato che smetterà di mangiare, bere e prendere le sue medicine fino a quando «il mio corpo senza vita sarà forse stato liberato da questa prigione».
L’incarcerazione di Panahi è avvenuta prima dell’ondata di proteste scatenata a settembre dalla morte della 22enne Mahsa Amini. Queste proteste, precisa Variety, hanno già causato l’uccisione di più di 500 civili da parte delle forze di sicurezza governative e l’arresto o il divieto di fare film a più di 100 membri dell’industria cinematografica iraniana.
L’organizzazione del Bif&st, in segno di protesta e solidarietà con Panahi e gli artisti perseguitati dal regime degli Ayatollah, ha previsto per il prossimo 28 marzo, al Teatro Petruzzelli la proiezione del film Leila’s Brothers di Saeed Roustayi, interpretato da Taraneh Alidoosti, protagonista del film vincitore del Premio Oscar The Salesman di Asghar Farhadi, incarcerata per tre settimane per aver criticato la repressione delle proteste antigovernative.
Verrà inoltre presentato l’ultimo film di Panahi, Gli orsi non esistono, vincitore del premio speciale della giuria alla Mostra del cinema di Venezia dello scorso anno.
È prevista la partecipazione di alcuni registi iraniani in esilio.