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Bari, all’Abeliano va in scena “Il grande inquisitore”: il grande dramma di Dostoevskij

Nel weekend barese andrà in scena la Compagnia del Sole con “Il grande inquisitore”, da “I fratelli Karamazov” di Dostoevskij con la drammaturgia e regia di Marinella Anaclerio, in scena Flavio Albanese e Tony Marzolla. Appuntamento a sabato 14 (alle 21) e domenica 15 gennaio (alle 18) al Teatro Abeliano di Bari. Due fratelli, un…
(foto di Giacinto Mongelli)

Nel weekend barese andrà in scena la Compagnia del Sole con “Il grande inquisitore”, da “I fratelli Karamazov” di Dostoevskij con la drammaturgia e regia di Marinella Anaclerio, in scena Flavio Albanese e Tony Marzolla. Appuntamento a sabato 14 (alle 21) e domenica 15 gennaio (alle 18) al Teatro Abeliano di Bari.

Due fratelli, un aspirante scrittore e un aspirante monaco, due posizioni opposte nel vivere la vita, stessa tragedia familiare. Si confrontano, forse per la prima volta, in una trattoria. Vogliono “salvarsi” a vicenda, ciascuno vuol portare l’altro alla sua visione della vita.

Il maggiore, Ivàn, ricorre ad un racconto che è una delle analisi più lucide mai scritte sul rapporto fra l’essere umano e il clero di tutte le religioni. L’essere umano ha sempre avuto bisogno di un intermediario per relazionarsi al divino e su questo bisogno si fondano e si distruggono tutte le “Chiese”.

La leggenda del grande inquisitore è uno dei capitoli più famosi del grande romanzo di Fedor Dostoevskij “I fratelli Karamazov” pubblicato in Russia nel 1880. Si tratta di un apologo, un racconto che Ivàn Karamazov fa a suo fratello Aleksej alla vigilia dell’assassinio del padre e dell’esplosione della sua malattia mentale che lo porterà a vedere e dialogare con il “suo” Satan. Nella Spagna dell’inquisizione, tra i roghi degli eretici, appare un personaggio misterioso, forse proprio Gesù, la folla lo riconosce e comincia a chiedergli miracoli, lui resuscita una bambina, dona la vista ad un cieco ma il vecchio inquisitore lo fa arrestare e portare in prigione. L’inquisitore, nella notte va a trovare il prigioniero, forse in preda ad un delirio o forse no, gli spiega il motivo per cui lo condannerà nuovamente a morte.

«In sostanza il terreno su cui si giocherà la partita fra i due fratelli è la capacità di assumersi tutte le responsabilità del vivere. Dostoevskij in questo capitolo esprime la contrapposizione tra libertà e costrizione, tra fede nella vita e negazione di essa» commenta Marinella Anaclerio.

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