Era l’ultima domenica dell’anno, gli archivi meteo segnalano una temperatura di 12 gradi centigradi ed una percentuale di umidità molto elevata. Sul calendario fissiamo la data del 29 dicembre, quella di 42 anni fa. Per Trani e per tutta Italia, quel giorno ha segnato un momento storico importante: la rivolta nel carcere di massima sicurezza capeggiata da “pezzi da 90” della criminalità e personalità legate alle Brigate Rosse, sedata dall’esordiente Gruppo di Intervento Speciale, reparto d’élite dell’Arma dei carabinieri. Non c’erano app di messaggistica né social, il passaparola era tale nel senso più puro del termine. «Arrivarono tali e tante autovetture e mezzi di polizia, carabinieri, forze dell’ordine a circondare le mura del carcere in ogni punto del perimetro da non poter passare inosservate. Questo movimento fu notato dai cittadini e da lì la notizia arrivò nella sede dell’Ansa che diramò l’informazione alle redazioni», dice Mario Schiralli (nel riquadro), già direttore della Biblioteca comunale di Trani. All’epoca dei fatti, il prof. Mario Schiralli aveva 38 anni ed era un corrispondente per la Gazzetta del Mezzogiorno. Quel giorno arrivò sul posto quando le forze dell’ordine avevano transennato e bloccato le vie di accesso nei dintorni, relegando l’area per la stampa in quello spazio che avrebbe dovuto ospitare il mercato ortofrutticolo. «Ero lì con tutti gli inviati della stampa nazionale e locale. Scrivevo per la Gazzetta ma lì c’era con me un ottimo nerista per la stessa testata, Franco Russo. Osservavamo il carcere da lontano, attendendo gli sviluppi». Schiralli viene avvicinato da un poliziotto, una delle sue fonti, il quale gli confida che di lì a breve sarebbe stato instaurato il silenzio radio, segno dell’intervento del gruppo di intervento speciale. «Ho avuto un sussulto d’orgoglio personale, perché comunicai questa notizia ai colleghi, al gruppo lì presente ma venni smentito. Ricordo un giornalista in particolare, del Corriere, mi disse che non ci sarebbe stata alcuna irruzione, era in contatto con fonti del Ministero. Dopo qualche minuto arrivano i due elicotteri, volteggiarono poco sul tetto e poi da questi due si calarono gli uomini del Gis. Mi guardarono con occhi diversi da quel momento, ma fu anche il momento in cui si scatenò una gran confusione» prosegue il prof. Schiralli. Negli ultimi giorni sui social è stata pubblicata una video-testimonianza del Comandante Alfa, uno degli uomini impegnati nell’Operazione Trani. Quell’intervento ha rappresentato per il Gis il vero battesimo di fuoco, la prima “uscita pubblica”. Dal tetto i militari del reparto speciale entrarono facendo saltare gli accessi con l’esplosivo: un pezzo di cancello colpì un termosifone in ghisa e a causa della fuoriuscita d’acqua andò via l’elettricità. «I detenuti realizzarono delle bombe a mano vere e proprie con le basi delle caffettiere che avevano in cella, le usarono contro i militari del Gis. Dall’esterno sentimmo qualche sventagliata di mitra, ci fu detto poi che furono usati proiettili in gomma» ricorda il cronista. All’interno del carcere i detenuti avevano costretto gli agenti di custodia tenuti in ostaggio, 29 in tutto, a indossare vestiti comuni mentre alcuni dei detenuti indossarono le divise degli agenti. Un diversivo che portò il Gis ad usare ogni precauzione per “liberare” gli ostaggi: una volta sedata la rivolta furono rivolte una serie di domande alle persone che indossavano la divisa per capire chi fosse davvero un agente e chi un detenuto travestito. «Dopo l’intervento i feriti furono condotti in ospedale, mi trasferii lì anche io e riuscii ad entrare grazie a don Ciccio De Palma, all’epoca sindaco. Lui entrò per portare parole di conforto agli agenti di custodia, io da cronista per vedere con i miei occhi cosa fosse accaduto. Ricordo ancora il rumore di una spalliera del lettino sul quale c’era un agente, tremava così tanto da far sbattere contro il muro la spalliera, erano in stato di choc» ricorda Mario Schiralli. L’evento ebbe risonanza a tutti i livelli, l’operazione si concluse con la liberazione di tutti i feriti e nessun morto in carcere, si levarono però polemiche tra chi accusava di brutalità le forze dell’ordine: i detenuti la notte seguente furono spogliati e dormirono all’addiaccio, privi dei vestiti.
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Di Redazione16 Novembre 2024