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Russia, Putin saldo al comando: l’analisi

(Adnkronos) - Vladimir Putin appare saldo al comando e la sua leadership non sembra al momento messa in discussione a Mosca, anche se dalla capitale russa arrivano dichiarazioni a volte contrastanti sulla guerra in Ucraina, e si verificano episodi di competizione intra-elitaria, attacchi a questo o quell'esponente dei vertici politici, o della Difesa, a fronte…

(Adnkronos) – Vladimir Putin appare saldo al comando e la sua leadership non sembra al momento messa in discussione a Mosca, anche se dalla capitale russa arrivano dichiarazioni a volte contrastanti sulla guerra in Ucraina, e si verificano episodi di competizione intra-elitaria, attacchi a questo o quell’esponente dei vertici politici, o della Difesa, a fronte di una chiara affermazione del gruppo paramilitare Wagner. Eleonora Tafuro Ambrosetti, esperta di relazioni internazionali, ricercatrice Ispi, legge in questi termini la situazione interna alla Russia.  

“Non credo che la leadership di Putin sia messa per ora in discussione”, spiega, parlando con l’Adnkronos. “Vedo alcuni episodi di competizione intra-elitaria, dove ad esempio il ministro della Difesa Sergei Shoigu è soggetto ad attacchi, o il ministro degli Esteri Sergei Lavrov attacca – come ha fatto – altri membri della cerchia politica di Putin. Ma il presidente della Federazione mi sembra ancora saldo al comando”.  

“Stiamo assistendo ad una crescita dell’importanza del Gruppo Wagner”, osserva, notando che “il ministro della difesa Sergei Shoigu è sempre più spesso attaccato, non solo da Yevgeny Prigozhin, a capo di Wagner, ma dal capo della Repubblica cecena Ramzan Kadyrov. C’è una frustrazione, una volontà di trovare un capro espiatorio, e chiaramente Shoigu resta l’obiettivo più facile, perché effettivamente le difficoltà incontrate dall’esercito russo, soprattutto dopo la controffensiva ucraina, sono tante. Shoigu è un avversario abbastanza facile”. 

“Il gruppo Wagner – spiega Tafuro Ambrosetti- ottiene tanta più importanza quanto più difficile diventa la situazione sul campo per l’esercito regolare. Non si tratta dunque di una buona notizia per la Russia, perché vuol dire che si ha un esercito allo sbando, si tratta di una conferma del cattivo stato dell’esercito. Non è una buona notizia per il mondo, perché Wagner non è chiamata a rispondere delle sue azioni: le compagnie militari private formalmente non esistono in Russia, c’è un vuoto legislativo attorno a questo tipo di gruppi. Non dico che l’esercito si comporti in maniera più etica, ma Wagner è ancora peggio, e quindi possiamo aspettarci tecniche belliche sempre più efferate, che colpiscono sempre più i civili”. 

Quanto a Medvedev, che incarna la ‘faccia dura’ dei vertici russi, “è stato presidente in un’epoca in cui la Russia si era avvicinata molto all’Occidente, nonostante la guerra nel 2008 contro la Georgia, che ha rappresentato un importante episodio di attrito. In linea generale, malgrado questo, era visto come un progressista, moderno, liberale, un fautore della Partnership for modernisation Eu-Russia”.  

“Dopo che Putin è tornato alla presidenza – prosegue – è rimasto primo ministro, ma era un personaggio di basso profilo, non è mai stato visto come figura politica forte. Altre erano le figure che facevano anche scandalizzare l’Occidente – come Vladimir Zirinovskij. Medvedev non era persona che faceva parlare di sé nei giornali occidentali, ora lo è diventato, forse per un tipo di strategia politica che possa portarlo fuori dall’oblio”.  

“Pur continuando ad avere una carica istituzionale, è numero due nel consiglio di sicurezza russo, Medvedev -continua Tafuro Ambrosetti- ha adottato una strategia che all’indomani della guerra potrebbe avere risultati politici. Incarna questa faccia dura, di critica fortissima all’Occidente, con sfide, minacce aperte e dichiarazioni a tratti fantascientifiche che potrebbero attirare il favore di un certo tipo di elettorato molto estremo, molto nazionalista, che ha perso le figure di riferimento come Zirinovsky e potrebbe trovare il suo nuovo leader in Medvedev”. 

“Putin non può permettersi questo tipo di linguaggio, resta persona delle istituzioni, è la massima carica istituzionale in Russia, non ha certamente questi toni. Ma credo che sui negoziati di pace né Putin né Medvedev siano davvero convinti che si possa arrivare a trattare: le condizioni sono ancora molto lontane, quelle poste dal ministro degli Esteri ucraino Dmytro Kuleba per i negoziati a febbraio sono inaccettabili per la Russia (vedi il tribunale internazionale per i crimini di guerra russi). E’ ovvio che il Cremlino non accetterà mai, così come le richieste del Cremlino sono inaccettabili per Kiev. Le posizioni sono inconciliabili”.  

“Putin e Medvedev hanno la stessa posizione. Le aperture di Putin mi sembrano premesse troppo fragili, peraltro fatte in un periodo in cui bombarda a tappeto Kherson, Bakhmut e altre città ucraine, senza nessuna tregua per il Natale ortodosso. Ogni apertura russa è poco credibile”.  

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