Centinaia, migliaia di vittime di furti, in casa, d’auto o di altro tipo, da rintracciare e “invitare” a presentare querela contro l’autore. Una corsa contro il tempo, quella che si preannuncia in tutta Italia, e dunque anche nel distretto di Corte d’appello di Bari, a partire dal 30 dicembre prossimo, data ufficiale dell’entrata in vigore della legge Cartabia. La riforma, infatti, modifica la procedibilità di alcuni reati che necessitano ora di querela.
E, tra gli altri, quelli considerati ad elevata rilevanza sociale, come ad esempio i furti aggravati. Restano procedibili d’ufficio quelli “a danno di persone incapaci, per età o per infermità, ovvero che abbia ad oggetto beni pubblici o destinati a pubblico servizio”. Ed essendo il furto un reato punibile con una condanna dai 3 ai 10 anni, finora si è proceduto con l’arresto in flagranza. C’è gente in carcere o agli arresti domiciliari per questo.
È proprio in quest’ottica che si muove la riforma Cartabia e più in generale quella del processo penale, che punta a raggiungere gli obiettivi fissati dal Pnrr ed evitare il collasso del sistema giudiziario, ingolfato da un numero insostenibile di procedimenti penali.
Il rischio, però, è che si ottenga l’effetto contrario, scaricando sulla polizia giudiziaria una mole di lavoro ulteriore. Spetta infatti alle forze dell’ordine individuare tutte le vittime di furto, convocarle e informarle della necessità di presentare querela nel caso volessero che l’autore del reato fosse perseguito.
In molti casi, la ricerca si rivelerà infruttuosa perché impossibile da portare a termine. Secondo quanto finora stabilito, l’iter prevede che gli uffici facciano una quantificazione dei procedimenti interessati e ne inviino comunicazione alla polizia giudiziaria, che farà gli avvisi alle persone offese.
I tempi? La legge non lo dice espressamente, ma c’è giurisprudenza (anche della Cassazione) che indica di sospendere il processo per 90 giorni e fare gli avvisi. Ma a questo punto, n questi 90 giorni, i detenuti che fine faranno? Il rischio che vengano scarcerati, perché la presentazione della querela è solo un’eventualità.
La Giunta nazionale dell’Associazione nazionale magistrati ha rappresentato la questione al ministero, che avrebbe ipotizzato una deroga di 20 giorni per raccogliere le querele, senza scarcerare quei detenuti per i quali non è stata ancora presentata formale denuncia. Ma la situazione è ancora tutta da verificare e, a parte i dubbi di legittimità costituzionale che in tanti avanzano, si attende che l’emendamento passato al Senato approdi alla Camera.
E da più parti, gli stessi magistrati temono che da gennaio, invece di accelerare, il sistema vada completamente in paralisi. Con buona pace degli obiettivi fissati dal Pnrr, pena la perdita dei finanziamenti: garantire a imputati e detenuti una durata ragionevole del processo e snellire allo stesso tempo il processo stesso, smaltendo in tempi celeri l’arretrato.