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Giustizia penale, Starace: «Sulla durata dei processi impegno ambizioso con l’Ue»

Cosa accadrà alla giustizia penale, dopo il rinvio della riforma Cartabia e le novità annunciate dal guardasigilli Carlo Nordio? Guglielmo Starace, presidente della Camera Penale di Bari, non nasconde le perplessità sul rispetto dei tempi, promesso all’Europa, in merito alle riforme. Presidente, il neo ministro ha annunciato che entro giugno ci sarà una riforma organica…

Cosa accadrà alla giustizia penale, dopo il rinvio della riforma Cartabia e le novità annunciate dal guardasigilli Carlo Nordio? Guglielmo Starace, presidente della Camera Penale di Bari, non nasconde le perplessità sul rispetto dei tempi, promesso all’Europa, in merito alle riforme.

Presidente, il neo ministro ha annunciato che entro giugno ci sarà una riforma organica del processo penale.

«L’inizio del ministero di Carlo Nordio è stato caratterizzato da una direzione sorprendentemente opposta alle opinioni sempre rappresentate. Infatti si parlava sempre di snellimento del sistema e di depenalizzazione, mentre il primo provvedimento ha istituito un nuovo reato strutturato così male da indurre all’immediato ripensamento. I successivi annunci del ministro hanno riportato la direzione sul giusto binario poiché rispecchiano la sua profonda conoscenza dei meccanismi del procedimento penale, con particolare riferimento alle indagini preliminari. L’avviso di garanzia rappresenta un istituto che va rivisto in quanto ha mutato la sua natura da istituto di garanzia in annuncio di condanna mediatica anticipata nei confronti di persone nemmeno imputate».

E sulle intercettazioni telefoniche?

«Chi frequenta i processi penali si rende conto che spesso perdono la loro natura di “mezzo di ricerca della prova”, diventando “mezzo di ricerca del reato”. Il nostro codice consente le intercettazioni solo in presenza di gravi indizi di reato e nel caso di assoluta indispensabilità ai fini della prosecuzione delle indagini. Nella prassi può accadere che tali requisiti non siano pienamente rispettati e che, ciò malgrado, i risultati delle intercettazioni vengano utilizzati per applicare misure cautelari e per distruggere per sempre la reputazione delle persone coinvolte anche indirettamente nelle conversazioni captate. Poi magari, a distanza di anni, si celebra il processo e le intercettazioni vengono dichiarate inutilizzabili. Nella migliore delle ipotesi l’esito del processo non interessa più a nessuno, ma nella peggiore l’opinione pubblica sarà portata a pensare addirittura che l’assolto è un colpevole che l’ha fatta franca. Il tutto senza considerare che, con i potenti mezzi informatici oggi a disposizione, le intercettazioni invadono ogni attimo della vita delle persone. Dovrebbero essere consentite soltanto in chiara presenza dei presupposti previsti dalla legge e per ben determinati reati di serio allarme sociale».

L’Italia ha garantito all’Europa, in concomitanza con l’approvazione del Pnrr, una riduzione del 25 per cento dei tempi dei processi entro il 2026. È un risultato raggiungibile?

«Stando così le cose, il raggiungimento dell’obiettivo pare una chimera, a meno che non si voglia farlo tramite meccanismi solo numericamente rappresentativi. Faccio un esempio. Oggi la legge impone ai giudici di rinviare i processi nei confronti degli imputati irreperibili, mentre con la riforma dovranno emettere sentenza La riduzione del 25 per cento, comunque, comporterebbe per i magistrati, a parità di risorse, un lavoro ancora più impegnativo di oggi, il che è francamente inesigibile».

L’obbligatorietà dell’azione penale è un caposaldo dell’ordinamento giudiziario. In che modo si aspetta che venga riformato?

«In linea di principio, è un presidio di tutela del principio di uguaglianza di tutti i cittadini davanti alla legge. Nella realtà, però, si rivela un principio inapplicabile a causa dell’enorme sproporzione tra il numero di procedimenti sulla scrivania dei pubblici ministeri e l’effettiva forza lavoro a disposizione della magistratura inquirente. Quindi resta una discrezionalità di fatto affidata alle singole persone e parrebbe più opportuno prevedere dei criteri prioritari di trattazione affidandoli alla legge».

Un altro aspetto centrale su cui ha posto l’attenzione il neo ministro è la separazione delle carriere tra magistrati giudicanti e pubblici ministeri. Già altri governi ci avevano provato. Le condizioni sono cambiate?

No, mentre speriamo che siano cambiate le sensibilità delle persone che devono occuparsi del problema. Giace nei cassetti del Parlamento una importante proposta di legge proveniente dall’Unione delle Camere penali italiane risolutiva del problema. Se il ministro Nordio, come recentemente sollecitato da una delegazione dell’Ucpi composta dal presidente Gian Domenico Caiazza, dalla vice presidente Paola Rubini e dal segretario Eriberto Rosso, deciderà di riaprire quel cassetto, sono certo che l’Italia farà un grande passo in avanti per la risoluzione di gran parte dei problemi del processo penale».

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