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Covid non preoccupa più italiani: solo 28% teme contagio

(Adnkronos) - Mentre il covid rialza la testa, si abbassa la guardia sul virus sia negli atteggiamenti che nei comportamenti dei connazionali. Al contrario rimangono alti i timori degli italiani per la crisi economica causata dalla pandemia. E' la 'fotografia' scattata dall'ultima rilevazione del 'Monitor continuativo' elaborato dall’EngageMinds Hub, il Centro di ricerca in Psicologia…

(Adnkronos) – Mentre il covid rialza la testa, si abbassa la guardia sul virus sia negli atteggiamenti che nei comportamenti dei connazionali. Al contrario rimangono alti i timori degli italiani per la crisi economica causata dalla pandemia. E’ la ‘fotografia’ scattata dall’ultima rilevazione del ‘Monitor continuativo’ elaborato dall’EngageMinds Hub, il Centro di ricerca in Psicologia dei consumi e della salute dell’Università Cattolica, Campus di Cremona, che da inizio pandemia osserva e analizza gli atteggiamenti e i comportamenti di salute e di consumo degli italiani. Un dato tra i più eloquenti: ben il 57% dei cittadini pensa che il peggio sia passato e solo il 28% si sente a rischio di contagio. 

Il monitoraggio – condotto su un campione di oltre 9000 italiani – stima, infatti, che meno di un terzo degli italiani farà la quarta dose di vaccino anti Covid-19. Per la precisione, la proiezione statistica indica un 27%: è un dato che emerge elaborando l’intenzione a sottoporsi al secondo richiamo (la cosiddetta ‘quarta dose’, appunto) tra coloro – l’88% della popolazione – che dichiarano di aver ricevuto almeno una dose di vaccino. E comunque, solo il 14% degli italiani riferisce di aver già effettuato la quarta dose, a riprova delle recenti notizie relative a milioni di dosi di vaccino anti Covid-19 giacenti e inutilizzate nei centri vaccinali. 

“Alla base dell’atteggiamento più ‘rilassato’ rispetto alla spinta di sottoporsi ai vaccini c’è certamente una calo vistoso della percezione del rischio di contrarre Covid-19”, spiega Guendalina Graffigna, Ordinario di Psicologia all’Università Cattolica e direttore del Centro di Ricerca EngageMinds HUB dell’ateneo. 

“I nostri dati in trend ci forniscono gli elementi per questa lettura. Basti pensare che oggi ben il 57% dei cittadini italiani pensa che il peggio sia passato e che solo il 28% si sente a rischio di contagio: erano rispettivamente al 17% e al 47% a marzo dell’anno scorso. Si notano tuttavia delle differenze dal punto di vista socio-demografico – prosegue Graffigna – perché se, come detto, mediamente nella popolazione il 57% vede ormai concretizzarsi l’uscita dal tunnel della pandemia, tra gli over 60 la pensa così solo il 49%; inoltre, questa idea fa breccia solamente nel 48% di coloro che hanno un titolo di studio basso. Passando a una prospettiva territoriale, tra i residenti delle regioni di Nordovest la netta maggioranza (il 63%) si sente ormai più al sicuro”. 

Come spiegano gli psicologi del Centro di Ricerca dell’Università Cattolica, campus di Cremona, gli atteggiamenti sopra tratteggiati si riverberano nei comportamenti preventivi. Dalle elaborazioni emerge infatti che nemmeno un quarto della popolazione (il 24%) si sottoporrebbe a un tampone rapido ma ‘ufficiale’ – ovvero somministrato da un medico o effettuato in farmacia – in presenza di febbre e solo il 14% a un tampone molecolare, più attendibile nei risultati: sono pochi, ma soprattutto in netto calo dal 24% di febbraio scorso. E c’è un altro dato eloquente di quanto, sulla questione pandemia, gli italiani si sentano sempre meno ‘ingaggiati’: dal 5% di marzo scorso sale oggi al 13% la quota di popolazione che, in caso di febbre, attenderebbe senza prendere iniziative di protezione la scomparsa dei sintomi.  

“C’è però un altro dato che, in qualche modo, fa da contraltare all’attenuazione dei timori su Covid – sottolinea Graffigna -. Sempre dalle analisi del nostro Monitor continuativo, che non riguarda solo gli aspetti sanitari ma è ad ampio spettro, il 45% dei cittadini ritiene peggiorata la propria situazione familiare, un dato in forte salita visto che a febbraio scorso era il 34% a sentirsi in questa condizione”. Il che fa il paio con un terzo delle persone che denuncia una cessazione (8%) o riduzione (22%) della propria attività lavorativa, con un’accentuazione per chi ha reddito basso.  

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