Nelle aree interne del Paese, quelle più distanti dai poli universitari e meno dotate di servizi, solo un residente su cinque è laureato. Nei poli cittadini, invece, dove si concentrano accademie, università e dove i trasporti funzionano meglio, un terzo delle persone tra i 25 e i 49 anni possiede un titolo terziario. E quindi accade che, in un capoluogo come Lecce, oltre il 36% delle persone tra i 24 e i 49 anni è riuscito a laurearsi mentre nello splendido borgo salentino di Ruffano, la percentuale scende al 15%: meno della metà.
È questo l’allarmante quadro che emerge dalla ricerca, condotta dalla fondazione Openpolis, sul divario educativo tra le aree interne dello Stivale, quelle dei comuni classificati come “periferici” o “ultraperiferici”, e i “poli”. Si prendano ad esempio i dati relativi a Foggia e provincia. La percentuale dei laureati tra i 29 e i 40 anni nel capoluogo daunio, a onor di cronaca non altissima e attestata al 24,2%, è nettamente più elevata rispetto a quella registrata nei comuni periferici di Orta Nova, il 14,29%, e di Stornara, dove i giovani laureati sono poco più di uno su dieci. Analoga è la situazione nel capoluogo pugliese. A Bari, il 28,7% dei diciottenni vive nei comuni dell’entroterra. Ma se nel capoluogo la media dei laureati, sugli oltre 96mila residenti tra i 24 e i 49 anni, sfiora il 30%, questo non accade a Palo del Colle o a Grumo Appula, dove i possessori di titolo terziario scendono al 18%. E se il dato è più elevato nei territori limitrofi al capoluogo, ossia Bitritto, Bitetto o Giovinazzo (quest’ultima svetta tra le aree interne con oltre il 27% dei laureati), ovunque, in provincia, il dato rimane nettamente più basso rispetto al capoluogo.
In Puglia, però, il territorio in cui il contrasto emerge in maniera più radicale è quello salentino. Qui, il gap educativo tra il polo, sede di università e politecnico, e i piccoli comuni dell’entroterra, è profondo. Nel comune di Lecce, ci sono 30.178 persone tra i 24 e i 49 anni, in cui la percentuale di chi ha completato il percorso di studi universitario è del 36,75%. Ma in provincia, le cose vanno decisamente in un’altra direzione, con alcune realtà, come Supersano, Ruffano e Taurisano, in cui i laureati non superano il 15%. Anche Taranto e Brindisi non sono da meno. Nel comune ionico vivono 56.403 persone tra i 24 e i 49 anni, a Brindisi oltre 25mila, con una percentuale di laureati pari, rispettivamente, al 21,1% e al 20%. E se questi non sono di certo dati eccellenti, quelli delle provincie sono allarmanti. In quella brindisina, per esempio, a Cellino San Marco e a San Pietro Vernotico solo il 19% ha concluso il percorso universitario. Male, ma non di certo come San Marzano di San Giuseppe, comune alto-salentino della provincia di Taranto, dove ci si ferma al 15,4% o, peggio ancora, come Statte, che, pur essendo confinante con il comune di Taranto, ospita solo il 12% di laureati.
Il divario educativo è ancora più accentuato in Basilicata. Potenza e Matera, infatti, riportano una percentuale di laureati più alta anche di alcune amministrazioni pugliesi: il 37,7% per la prima, il 31,43% per la seconda. Ma l’entroterra lucano è quello più toccato dall’emergenza educativa. Si pensi a piccoli comuni come Maschito e Montemilone, in cui la percentuale si ferma al 13%. Si tratta, nella maggior parte dei casi, di piccole realtà, alcune delle quali superano di poco il migliaio di abitanti, ma che, considerate nel loro complesso (a Potenza, per esempio, il 60,4% dei neo-diciottenni vive nelle aree interne) generano l’emergenza educativa di cui parliamo. Alla base, i problemi già noti: la mobilità dei docenti, l’assenza di servizi di trasporto adeguati, la difficoltà di raggiungere le scuole vicine. Più preoccupante è la conseguenza generata da questa situazione, il basso livello di apprendimento di un’ampia fetta di ragazzi.