È la Direttiva con la quale il Parlamento Europeo ha approvato nuove misure sulle informazioni da fornire in materia di sostenibilità sancendo un obbligo per le imprese (quotate in borsa o meno) di rendicontare dettagliatamente la loro impronta sull’ambiente, sui diritti sociali e sui rischi di sostenibilità cui sono esposte. L’Unione Europea ha messo in atto già da tempo la strategia del Green Deal con la quale mira a rendere efficiente e competitiva l’economia sotto il profilo delle risorse puntando alla “carbon neutrality” cioè all’azzeramento delle emissioni entro il 2050 e questa Direttiva ne costituisce un tassello fondamentale.
Esiste poi un obiettivo intermedio da raggiungere che, secondo le disposizioni del pacchetto “Fit for 55”, consisterebbe in un sostanziale dimezzamento delle emissioni al 2030. Obiettivo ambizioso se consideriamo che dal 1990 al 2020 l’UE ha ridotto del solo 20% le emissioni e che, se vogliamo guardare in casa nostra, secondo il Climate Change Perfomance Index, l’Italia è al 29° posto per contrasto alla crisi climatica. Senza contare il recentissimo nulla di fatto prodotto alla COP 27 proprio in merito alla riduzione delle fonti fossili aprendo la strada, invece, alle energie a basse emissioni di CO2.
Questa direttiva della UE risponde all’esigenza emersa in questi ultimi anni di maggiori richieste di informazioni societarie sulla sostenibilità, specie da parte degli imprenditori/investitori consapevoli dei rischi finanziari connessi al clima cui sono esposte le imprese e consci delle opportunità che le problematiche ambientali, sanitarie e sociali possono rappresentare.
Già nel 2018 la Commissione indicava misure volte a orientare i flussi di capitali verso investimenti sostenibili, a gestire i rischi finanziari derivati dai cambiamenti climatici, a contrastare l’esaurimento delle risorse, a promuovere la trasparenza e la visione a lungo termine nelle attività economico-finanziarie. Le ragioni di tali previsioni sono molteplici: una buona rendicontazione di sostenibilità apporta vantaggi ai singoli cittadini, ai risparmiatori, ai sindacati e migliorerebbe il dialogo tra le parti sociali.
Tutto l’apparato legislativo della Direttiva punta a colmare il vuoto nella legislazione attuale relativo alle informazioni non finanziarie introducendo obblighi di trasparenza più dettagliati che riguardano i temi dell’ambiente, dei diritti umani e standard sociali. Nelle intenzioni del legislatore europeo questo strumento dovrebbe contribuire a contrastare il fenomeno del greenwashing.
E il condizionale è d’obbligo: occorre che le imprese comprendano che una rendicontazione di qualità elevata sui temi oggetto della Direttiva CSRD non può che migliorare l’accesso di un’impresa al capitale finanziario. Con l’entrata in vigore di questa Direttiva sarà, dunque, possibile controllare e certificare la dichiarazione di sostenibilità delle grandi imprese, comprese quelle che fatturano più di 150 milioni di euro in UE, attraverso pratiche di audit efficaci, verificandone concretamente la veridicità per evitare il greenwashing e la doppia contabilizzazione rendendo così la dichiarazione equiparabile a quella finanziaria.
Le prossime tappe: il 28 novembre è prevista l’adozione della proposta da parte del Consiglio, successivamente firmata e pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea, la direttiva entrerà in vigore 20 giorni dopo la pubblicazione e le relative disposizioni troveranno applicazione tra il 2024 e il 2028.
Eliana Baldo è avvocata – Filiera 21