Per primi c’erano loro: i bambini, in prima fila nel corteo. Sono stati più di un migliaio i cittadini di Taranto che ieri pomeriggio hanno partecipato alla manifestazione promossa dalle associazioni ambientaliste. Al grido di “Basta inquinamento”, hanno sfilato per il centro della città per chiedere un cambiamento netto nelle politiche del governo in merito all’ex Ilva. «Vogliamo ridare dignità ai cittadini – ha affermato Massimo Castellana per conto del Comitato cittadino per la salute e l’ambiente a Taranto, promotore dell’iniziativa-. L’interesse economico non può avere il sopravvento su quello alla salute e a vivere in un ambiente pulito».
I partecipanti hanno scandito a gran voce e con cartelli non solo quanto sancito dalla Corte europea dei diritti umani, che ha condannato l’Italia per l’inquinamento perpetrato a Taranto, ma anche quanto dichiarato dall’Onu. «Le Nazioni Unite hanno definito la nostra terra una “zona di sacrificio”. Come cittadini non possiamo non batterci per la dignità e per riaffermare l’articolo nove della Costituzione. La Repubblica tutela l’ambiente, la biodiversità e gli ecosistemi». La scorsa settimana un nuovo tassello sulla questione l’ha aggiunto la Procura di Taranto, esprimendosi negativamente in merito alla richiesta di dissequestro avanzata dai commissari straordinari. Un parere non vincolante (l’ultima parola spetta alla Corte d’Assise) ma che di sicuro ha ulteriormente acceso gli animi dei cittadini che ieri hanno scelto di manifestare. Il corteo è terminato in piazza Garibaldi dove, da dentro la cassa armonica, si sono alternati gli interventi dei rappresentanti delle associazioni, nonché le testimonianze di chi da anni si batte contro l’inquinamento a Taranto.
Tra questi anche Alessandro Marescotti, presidente di Peacelink. «Siamo di fronte – ha affermato – a una situazione che in altre parti di Taranto non accetterebbero. Ci hanno scelti come città da sacrificare. Le lotte che evocano i diritti fondamentali degli uomini sono lotte destinate alla vittoria se le persone ci credono. In nome del diritto – ha concluso Marescotti – alla vita dei bambini di questa città, resisteremo». Lina Ambrogi Melle, promotrice dei ricorsi alla Corte dei diritti dell’uomo, ha posto l’accento, invece, su quanto affermato dall’Onu. «Taranto è indicata come città sacrificio – ha sottolineato – perché sono stati fatti numerosi decreti legge per permettere all’ex Ilva di continuare a produrre, nonostante il sequestro senza facoltà d’uso. È una gravissima ingiustizia che ha dei colpevoli: i governi e i partiti politici degli ultimi anni».