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Pd, Amati e Mennea lanciano un “manifesto di idee”: «Siamo a un bivio»

«Siamo a un bivio. Dobbiamo capire se il Pd vuole fare il Pd e se ci troviamo nel posto giusto. Domani comincia il percorso congressuale nazionale e regionale, e per noi si tratta dell’ultima chiamata», così i consiglieri regionali Fabiano Amati e Ruggiero Mennea durante la conferenza stampa che si è tenuta questa mattina in…

«Siamo a un bivio. Dobbiamo capire se il Pd vuole fare il Pd e se ci troviamo nel posto giusto. Domani comincia il percorso congressuale nazionale e regionale, e per noi si tratta dell’ultima chiamata», così i consiglieri regionali Fabiano Amati e Ruggiero Mennea durante la conferenza stampa che si è tenuta questa mattina in Regione Puglia e durante la quale hanno annunciato «un manifesto di idee, da sottoporre alla sottoscrizione di iscritti ed elettori», avviando una «battaglia e un tentativo di uccidere un partito in contrasto con se stesso e con le sue migliori intenzioni. E per far questo siamo disposti a tutto, anche a far valere le regole, spesso violate, a tutti i livelli».

Una battaglia, chiariscono in una nota i due consiglieri «su idee chiare, Si-No piuttosto che Né-Né, su cui non può esserci mediazione se questa ci snatura e ci fa diventare il partito che pretendendo di rappresentare tutti finisce per non rappresentare nessuno».

«Per salvare il Pd e vincere – proseguono – c’è bisogno di un confronto drammatico, con primarie apertissime, dividendosi su persone e idee, accettando il rischio che chi perde vada via, ma smettendola di restare sospesi e senza far succedere mai nulla. Non idee generiche ma idee specifiche sui problemi più controversi, e in particolare su quelli della politica estera, economica, produttiva, sanitaria e culturale del Paese».

L’intenzione, aggiungono ancora, è quella di «lavorare per un partito veramente popolare; non elitario, non tarato per rappresentare garantiti e benestanti, magari facendo finta di parlare al popolo in difficoltà. Un partito della realtà al posto di un partito dell’alta società. Un partito schietto e vero. Il Pd in cui vale la pena militare, e se non fosse così sarebbe meglio uscire, è il partito che si fa coinvolgere dalla forza delle cose nuove da fare e che si chiama Avanti».

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