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Diritto al cibo, servono linee guida

Una cassetta di melanzane e zucchine, questo è stato il palmario che mi ha riconosciuto un agricoltore che assisto, al termine di una combattuta udienza che assisto. Indubbio è l’alto valore simbolico del gesto che plasticamente fotografa i più nobili dei sentimenti, ovverosia la gratitudine; tuttavia, tale gesto mi ha indotto a riflettere sul valore economico del dono ricevuto.

Solo un anno fa non avrei mai preso in considerazione tale profilo, oggi invece questo spunto appare pertinente e attuale se consideriamo quanto di recente rilevato dall’Istat sui prezzi al consumo del mese di settembre (2022).

L’Istituto ha appurato che bisogna risalire ad agosto 1983 (quando l’inflazione fu pari a +11,0%) per trovare una crescita dei prezzi del “carrello della spesa” superiore a quella di settembre 2022 (+10,9%). Lo stesso studio, oggi, aggiunge che non sono i Beni energetici a spiegare la nuova accelerazione dell’inflazione ma soprattutto i Beni alimentari (sia lavorati sia non lavorati) seguiti dai Servizi ricreativi, culturali e per la cura della persona, in un quadro di crescenti e diffuse tensioni inflazionistiche.

Sulla base di ciò, conclude l’Istituto, la crescita dei prezzi al consumo accelera per tutti i gruppi di famiglie, ma il differenziale inflazionistico tra le famiglie meno abbienti e quelle con maggiore capacità di spesa continua ad ampliarsi. Senza indugiare troppo sui numeri, preoccupanti, che l’Istituto ha rilevato e diffuso, è noto che le ragioni dell’aumento dei prezzi dei beni alimentari – si badi, non merci – sono rinvenibili nei numerosi passaggi e nelle diseconomie presenti nella filiera, nel prezzo dell’energia per i trasporti e nelle speculazioni finanziarie sui prezzi delle materie prime alimentari.

Un tema che meriterebbe attenzione da parte dell’Autorità di vigilanza e del mercato. Su tutte queste cause non è possibile intervenire in tempi rapidi, tuttavia il diritto al cibo sano e ad un giusto prezzo per tutti nelle nostre città potrebbe passare ad esempio per le food policy capaci di mettere in campo politiche locali sul cibo che consentano alle città di proteggere, garantire e rendere effettivo il diritto al cibo.

Primo strumento, carente alle nostre latitudini, potrebbe essere l’adozione di un piano urbano del cibo di coordinamento delle politiche di settore su scala locale che tenga conto delle esigenze dei cittadini – soprattutto quelli più fragili – come avvenuto nel 1991 nelle città di Seattle, New York e Vancouver. Con questo strumento, valorizzato dalla istituzione di Consulte sulle politiche del cibo, si metterebbero in campo, in modo organico, interventi a beneficio del cittadino – consumatore sia sul piano della qualità del cibo che del giusto prezzo, disciplinando e promuovendo orti urbani, agricoltura urbana e periurbana. L’esperienza della Città di Milano (2015) con l’Urban food policy pact che prevede l’adozione di un patto del cibo e di linee guida che orientino le strategie nel settore, ha visto l’adesione di città come Torino e recentemente anche Bari e Taranto sono al centro di un processo partecipato che vuole perseguire i medesimi obiettivi. Intanto, già nell’immediato, ai fini del contrasto dell’aumento dei prezzi dei beni alimentari, le amministrazioni comunali, ai sensi della legge “Gadda”, potrebbero incrementare, ove già previsto, un coefficiente di riduzione della Tari per quelle utenze riconducibili alle attività commerciali, industriali, professionali e produttive in genere (quindi anche del settore agricolo), che producono o distribuiscono beni alimentari, e che a titolo gratuito cedono, direttamente o indirettamente, tali beni alimentari agli indigenti e alle persone in maggiori condizioni di bisogno, applicando una tariffa proporzionale alla quantità, debitamente certificata, dei beni e dei prodotti ritirati dalla vendita e oggetto di donazione. Questo, lungi dall’essere la cura, potrebbe essere un primo tassello di un percorso molto più lungo di un cambiamento etico, culturale e di protezione della politica alimentare di prossimità.

Luigi Fino è avvocato e componente di Filiera21, Giuristi per l’agroalimentare

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