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Trivelle nell’Adriatico, scoppia la guerra tra Emiliano e il Governo

Si ricompatta in Puglia il fronte del no alle trivelle nell’Adriatico. La battaglia è ripartita dopo lo sblocco annunciato dalla presidente Meloni alla ricerca di nuovi giacimenti di gas per rendere l'Italia più indipendente e offrire la preziosa materia prima a prezzi calmierati ad aziende e famiglie. La nuova norma approvata dal Consiglio dei ministri…

Si ricompatta in Puglia il fronte del no alle trivelle nell’Adriatico. La battaglia è ripartita dopo lo sblocco annunciato dalla presidente Meloni alla ricerca di nuovi giacimenti di gas per rendere l’Italia più indipendente e offrire la preziosa materia prima a prezzi calmierati ad aziende e famiglie.

La nuova norma approvata dal Consiglio dei ministri da il via libera a nuovi permessi per aumentare l’estrazione a partire da nove miglia dalla costa. I concessionari che aderiranno dovranno offrire in cambio dal prossimo gennaio uno o due miliardi di metri cubi da destinare ad aziende energivore a prezzi calmierati.

Un piano bocciato dal governatore Emiliano già pronto con l’elmetto in testa. «Stiamo verificando – spiega – perché c’è un problema di interferenza molto grave tra quel decreto e diversi parchi eolici che sono stati considerati dal governo strategici». Una macroscopica contraddizione che Emiliano chiede di chiarire: «Il governo ci deve dire se quelle aree sono destinate alla prospezione, quindi alla ricerca di nuovi pozzi e giacimenti, oppure se bisogna fare i parchi eolici». E ancora: «Nella confusione fra il passaggio dal governo Draghi al governo Meloni vogliamo sapere qual è la priorità considerando che anche se dovessimo estratte tutto il petrolio dell’Adriatico, potremmo soddisfare fra molti anni non più del cinque-sei per cento del fabbisogno nazionale, con danni sia all’energia alternativa, ai parchi eolici, sia al fondale marino molto gravi. Non so se il gioco vale la candela. Se il governo vuole confrontarsi con noi che conosciamo bene la dotazione siamo a disposizione».

Gli fa eco l’assessora all’Ambiente Anna Grazia Maraschio: «È una scelta profondamente sbagliata che ci proietta nel passato delle fonti fossili anziché portarci nel futuro delle rinnovabili. Non è una battaglia ideologica né un preconcetto, ma la semplice analisi costi-benefici». Infatti la Maraschio cita i dati riportati dal Ministero per l’energia. Nei primi nove mesi del 2022 l’Italia ha consumato 53 milioni di metri cubi standard di gas, mentre in Adriatico le ricerche hanno accertato la presenza di giacimenti per 18 milioni di metri cubi disponibili con una previsione di altri 14 milioni possibili. A conti fatti l’apporto dei nuovi giacimenti non supera i 32 milioni di metri cubi che lungi dal garantire l’autosufficienza basterebbero a soddisfare il fabbisogno di tre o quattro mesi. Di qui l’affondo: «Può il governo centrale perseguire questa strada accettando il costo ambientale della distruzione della flora e della fauna marina devastando i fondali con un danno permanente arrecato alle generazioni presenti e soprattutto future del pianeta?».

La guerra delle trivelle è solo all’inizio.

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