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Vivibilità, la Puglia cresce: migliorano Bari e le altre province, male la Basilicata

La provincia di Bari guadagna sei posizioni, Brindisi cinque, Foggia e Taranto quattro e Bat sette, mentre Lecce scende un solo gradino più giù. Eppure la classifica della vivibilità, stilata da ItaliaOggi con l’università La Sapienza di Roma e in collaborazione con Cattolica Assicurazioni, non consente di gioire per almeno due motivi. Il primo: le…

La provincia di Bari guadagna sei posizioni, Brindisi cinque, Foggia e Taranto quattro e Bat sette, mentre Lecce scende un solo gradino più giù. Eppure la classifica della vivibilità, stilata da ItaliaOggi con l’università La Sapienza di Roma e in collaborazione con Cattolica Assicurazioni, non consente di gioire per almeno due motivi. Il primo: le province pugliesi restano in fondo alla classifica, dove si raggruppano tutte quelle in cui la vivibilità è considerata scarsa o addirittura insufficiente. E a fare loro compagnia ci sono le province di Potenza e di Matera che peggiorano nettamente le rispettive performance rispetto al 2021. E poi c’è il secondo motivo: nei primi due gruppi, quelli “riservati” alle province caratterizzate da vivibilità buona o accettabile, non c’è nemmeno una meridionale, a conferma del sempre maggiore divario tra Nord e Sud in termini non solo di ricchezza, ma soprattutto di qualità della vita e di servizi resi ai cittadini e alle imprese.

Partiamo dalla Puglia. L’area metropolitana di Bari passa dall’86esimo all’80esimo posto della classifica. Un balzo che, secondo l’assessore comunale barese alla Qualità della vita Pietro Petruzzelli, «è merito della rete dei sindaci metropolitani che si impegnano quotidianamente per migliorare le loro comunità attraverso la riqualificazione degli spazi pubblici finanziata dai fondi europei e nazionali». La crescita della qualità della vita a Bari e dintorni è percepita in modo netto, tanto che sempre più produzioni cinematografiche e società sportive scelgono quella zona per sviluppare progetti e iniziative. «L’obiettivo delle amministrazioni locali – conclude Petruzzelli – è quello di modificare in senso positivo la percezione del territorio barese all’esterno, superando gli stereotipi che l’hanno finora penalizzato».

Ancora, Taranto e Foggia si allontanano leggermente dal fondo della classifica: la città ionica sale dalla posizione 103 alla 99, mentre il capoluogo della Daunia passa dalla 105 a 101. Brindisi sale di cinque “gradini”, precisamente da 90 a 85, mentre la Bat scala addirittura sette posizioni, “volando” da 97 a 90. Sostanzialmente invariata la posizione di Lecce che scende di un solo posto, dal numero 87 all’88. Crollo vertiginoso per Matera e Potenza, con la prima che perde addirittura 16 posizioni, passando dalla 55 alla 71, e con la seconda che scivola dal gradino numero 69 al 74.

A livello nazionale, si ripropone e si amplia la già netta spaccatura tra Nord e Sud. Trento è in testa e fa registrare ottime performance in otto dei nove ambiti considerati (affari e lavoro; ambiente; istruzione e formazione; reddito e ricchezza; sicurezza sociale; tempo libero). Seguono Bolzano, Bologna, Firenze e Milano. Nei gruppi in cui la qualità della vita è considerata buona o accettabile non figurano province meridionali e bisogna scorrere al 71esimo posto, occupato da Matera, per trovare la prima località del Mezzogiorno in graduatoria.

Insomma, il gap tra Nord e Sud è sempre più evidente. E non è un caso che una delegazione di 90 tra sindaci, amministratori, semplici cittadini e militanti del Movimento 24 Agosto si apprestino ad andare a Bruxelles per ribadire una richiesta: assegnare il 70% delle risorse del Pnrr alle amministrazioni del Mezzogiorno. Che non si tratti di una pretesa velleitaria lo spiega Davide Carlucci, sindaco di Acquaviva delle fonti e portavoce della rete Recovery Sud: «A quella percentuale si arriva tenendo conto dei tre parametri indicati dall’Unione europea (disoccupazione, Pil procapite e popolazione) nella ripartizione delle risorse agli Stati membri. Un criterio che è stato disatteso dal governo Draghi ma che il governo Meloni potrebbe decidere di riprendere in considerazione. Oltretutto, molti progetti presentati dai Comuni meridionali sono stati ritenuti idonei ma non finanziati. Significa che c’è una grande domanda di rilancio degli investimenti pubblici, alla quale però lo Stato sta decidendo di non rispondere per mediazioni politico-territoriali che collidono con gli obiettivi di coesione».

(ha collaborato Ciriaco M. Viggiano)

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