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Rave party, parla Stampanoni Bassi: «Sbagliato fare un decreto. Testo generico, pene inique»

Difficoltà interpretative, ridondanze nel testo, evidenti squilibri dal punto di vista sanzionatorio: sono questi i punti deboli evidenziati da Guido Stampanoni Bassi, penalista e direttore della rivista scientifica Giurisprudenza Penale, sul nuovo art. 434-bis del codice penale in tema di “rave party”. Direttore, cosa definisce il nuovo art. 434-bis? «È una nuova norma incriminatrice che…

Difficoltà interpretative, ridondanze nel testo, evidenti squilibri dal punto di vista sanzionatorio: sono questi i punti deboli evidenziati da Guido Stampanoni Bassi, penalista e direttore della rivista scientifica Giurisprudenza Penale, sul nuovo art. 434-bis del codice penale in tema di “rave party”.

Direttore, cosa definisce il nuovo art. 434-bis?

«È una nuova norma incriminatrice che si pone l’obiettivo di contrastare questo tipo di manifestazioni non autorizzate. La norma tecnicamente parla di “invasione di terreni o edifici per raduni pericolosi per l’ordine pubblico, l’incolumità pubblica e la salute pubblica».

Perché ci sono tante polemiche a riguardo?

«La nuova norma è stata scritta, a questo punto non credo dal ministro Nordio, in maniera tale da esporsi a molte critiche. La prima è sicuramente l’utilizzo dello strumento del decreto legge».

Può spiegare meglio?

«Si usa il decreto legge in casi straordinari di necessità e d’urgenza, cioè quando si vuole che una norma entri immediatamente in vigore. Il fatto che la situazione di Modena sia stata brillantemente risolta, senza nessun tipo di disordine, è evidenza che in Italia non abbiamo una emergenza rave. Poi c’è la questione della formulazione molto generica del testo».

Quali sono i problemi legati al testo?

«C’è poca specificità. Basta prendere in esame la rubrica del nuovo reato e il suo comma 1 per capirlo. Quest’ultimo ha l’obiettivo di definire il reato e le condizioni che devono verificarsi perché la condotta sia penalmente rilevante. In questo caso, nel comma 1 viene sostanzialmente riprodotta la rubrica e la norma non è definita in alcun modo. In particolare, non si definisce quando la riunione sia tale da porre in pericolo l’ordine pubblico, l’incolumità o la salute pubblica, in violazione del principio di tassatività».

Quali sono i problemi che possono derivare da così poca chiarezza?

«I testi generici danno agli operatori del diritto strumenti che sono difficili da governare perché troppo soggetti ad interpretazione. Con una norma così vaga c’è il rischio di avere poca uniformità nell’applicazione».

Possiamo davvero temere per la libertà di manifestazione?

«Il Ministero ha subito specificato che la norma è pensata esclusivamente per i rave-party, ma questo non basta perché non è il governo a decidere quando una norma verrà applicata. Personalmente concordo sul fatto che una norma così generica si possa prestare a interpretazioni e differenti applicazioni. Al tempo stesso, però, andrei più cauto sul fatto che ciò possa diventare, in concreto, uno strumento per reprimere eventi come le occupazioni studentesche. Bisogna considerare che nel nostro codice penale abbiamo già l’art. 633 che sanziona “chiunque invade arbitrariamente terreni o edifici altrui, pubblici o privati, al fine di occuparli o di trarne altrimenti profitto”. Questo nella prima parte, è identico alla nuova formulazione e che è ormai interpretato dalla giurisprudenza nel senso di escludere una sua applicazione alle manifestazioni studentesche. Il concetto di “invasione”, che è comune ad entrambe le norme, presuppone un qualcosa di diverso dalla mera occupazione studentesca, che ha un fine spesso dimostrativo».

La sanzione prevista è equa rispetto al reato?

«Non lo è affatto e si viola il principio di ragionevolezza della pena. Bisogna considerare che, per gli organizzatori, è prevista una pena dai 3 ai 6 anni. Nel nostro ordinamento ci sono reati ben più gravi puniti con pene inferiori o uguali a quelle del nuovo reato: pensiamo alla associazione per delinquere o ai maltrattamenti in famiglia (che prevedono un minimo di tre anni), allo stalking (che ha un minimo di un anno) o all’adescamento di minorenni (punito con una pena da uno a tre anni)».

Cosa dobbiamo aspettarci adesso?

«Considerando le critiche e le precisazioni dello stesso Governo, credo che ci saranno delle modifiche. Mi auguro che sia un intervento mirato per rendere il decreto più chiaro e più equilibrato dal punto di vista sanzionatorio».

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