Un nuovo modello statistico di valutazione del comportamento dei vulcani dell’area napoletana e del loro potenziale eruttivo è stato messo a punto dai ricercatori dell’Università degli Studi di Bari, in collaborazione con l’Istituto nazionale di Geofisica e Vulcanologia (Ingv) e del British Geological Survey (Bgs) di Edimburgo.
Lo studio “A simple two-state model interprets temporal modulations in eruptive activity and enhances multivolcano hazard quantification” è stato pubblicato sulla rivista scientifica Science Advance.
I ricercatori hanno analizzato la frequenza temporale delle eruzioni di tre vulcani attivi dell’area napoletana (il Vesuvio, i Campi Flegrei e l’isola di Ischia) nelle loro fasi di alta e bassa attività. Per la prima volta, è stato possibile produrre una valutazione comparabile delle probabilità di eruzione e della pericolosità sul territorio tra i tre vulcani napoletani grazie ad un nuovo modello statistico che, studiando l’alternanza dei periodi di alta e bassa attività eruttiva, permette di confrontare sistemi vulcanici anche molto diversi tra loro, migliorando la comprensione del loro comportamento.
«Nella maggior parte dei vulcani, per quanto diversi tra loro, esistono almeno due stati, da noi identificati come periodi di alta e di bassa attività, e con il nostro modello descriviamo quantitativamente l’alternanza tra questi due stati», spiega Roberto Sulpizio dell’Università di Bari. «Studiando la storia eruttiva dei vulcani napoletani, che sono molto diversi tra loro, con il nostro modello abbiamo descritto in maniera omogenea le caratteristiche dei due differenti stati di attività per ciascuno di essi e la tempistica nella quale si registra nuovamente l’equilibrio del sistema vulcanico dopo una fase di alta attività eruttiva. Queste analisi possono fornire dati importanti per comprendere a pieno le dinamiche che governano il verificarsi delle eruzioni, ma soprattutto permettono di stimare in modo omogeneo e confrontare tra loro la probabilità di eruzione dei diversi vulcani, e, di conseguenza, la loro pericolosità».
I risultati dello studio realizzato applicando questo nuovo modello hanno evidenziato come le dinamiche di avvio e termine delle fasi di alta attività eruttiva siano significativamente diverse tra il Vesuvio, i Campi Flegrei e Ischia, ciascuna legata ai processi vulcanici specifici che dominano i singoli vulcani.
La ricerca ha affrontato le diverse tipologie di vulcanismo dei vulcani napoletani: quella del Vesuvio, uno stratovulcano a condotto aperto/chiuso, quella dei Campi Flegrei, una vasta caldera vulcanica formatasi a seguito di almeno tre enormi eruzioni, e quella di Ischia, un edificio vulcanico che si è elevato di oltre 1000 metri dal fondo del mare in seguito a un processo chiamato “risorgenza vulcanica”.
Lo studio contribuisce a migliorare la comprensione scientifica e, conseguentemente, la previsione probabilistica dell’attività eruttiva dei vulcani, attività fondamentali per mitigare i rischi per le popolazioni residenti nelle aree vulcaniche e per le infrastrutture.