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Bitonto, il Comune parte civile nel processo al clan Conte

Costituzione di parte civile. La decisione è quella del Comune di Bitonto, che ha deciso di intraprendere l’azione civile nel procedimento penale che vede alla sbarra circa quasi 50 affiliati del clan Conte e denominato “Market drugs”, già iniziato poco meno di un mese fa davanti al Giudice per l’udienza preliminare (Gup) Susanna De Felice…

Costituzione di parte civile. La decisione è quella del Comune di Bitonto, che ha deciso di intraprendere l’azione civile nel procedimento penale che vede alla sbarra circa quasi 50 affiliati del clan Conte e denominato “Market drugs”, già iniziato poco meno di un mese fa davanti al Giudice per l’udienza preliminare (Gup) Susanna De Felice avendo tutti gli imputati scelto la via del rito abbreviato. La scelta di Palazzo Gentile (messa nero su bianco qualche giorno con apposita delibera di Giunta e un preciso atto di indirizzo del sindaco Francesco Paolo Ricci) arriva, dunque, in ritardo rispetto all’avvio della fase dibattimentale – e l’assenza del Comune, così come le altre parte offese, ha fatto rumore ma è stata “giustificata” come una incomprensione comunicativa con la Procura – ma comunque arrivata entro il 3 novembre, il giorno della seconda udienza e della scadenza dei termini. Secondo l’amministrazione comunale, il costituirsi in parte civile è necessario per ottenere restituzioni e il risarcimento dei danni subiti dall’Ente nei confronti degli imputati e degli eventuali responsabili civili e perché si ha la convinzione che atti criminosi come “Market drugs” ledano profondamente la comunità e l’immagine stessa di Bitonto.

In città quella mattina di febbraio 2022 la ricordano ancora bene perché, dopo una lunga serie di indagini partite dall’omicidio di Anna Rosa Tarantino (30 dicembre 2017, ndr), le forze dell’ordine hanno scoperchiato un sistema criminale dedito allo spaccio di droga (giro d’affari era di 30mila euro al giorno) come se si fosse in una “azienda“, in cui i vari “adepti” venivano remunerati con stipendi settimanali: dalle 300 alle 500 euro per le vedette, 1.000 euro ai pusher, anche minorenni e 1.500 euro alle guardie armate dislocate sui tetti.

L’organizzazione, secondo gli inquirenti, prevedeva anche custodi della droga e del denaro, prevalentemente donne, steccatori, corrieri e referenti per la contabilità con lo stipendio consegnato ogni venerdì nella base blindata del gruppo criminale in via Pertini, in zona 167. In manette anche il presunto boss Domenico Conte che, secondo l’accusa, avrebbe messo in piedi l’organizzazione e controllava da remoto ogni tipo di attività attraverso una centrale di telecamere.

Agli imputati sono contestati i reati di associazione per delinquere finalizzata al traffico e alla illecita commercializzazione di sostanza stupefacente, aggravata dal metodo mafioso. Le indagini sono state coordinate dai pm della Direzione distrettuale antimafia Ettore Cardinali e Marco D’Agostino.

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