(Adnkronos) – Il prossimo anno la crisi energetica rischia di diventare insostenibile per le imprese italiane. Nel 2022 le aziende sono riuscite a reggere l’urto dell’impennata dei prezzi delle materie prime e dell’energia, ma senza interventi del governo e una chiara politica energetica e industriale il 2023 si annuncia drammatico. “Se il nuovo governo entro il prossimo anno non interverrà sul costo dell’energia e sulla tassazione del lavoro, avremo gravi problemi”, dice Paolo Galassi, presidente di Api, l’associazione delle piccole e medie industrie che conta oltre 2mila aziende associate per più di 38mila addetti. Al momento i rincari non hanno ancora avuto effetti irrimediabili sulla manifattura italiana, ma le imprese non potranno resistere ancora a lungo.
Fra le imprese associate ad Api “non abbiamo registrato chiusure per l’aumento del costo dell’energia, che però ha messo in difficoltà il sistema”, dice Galassi all’Adnkronos. Il tessuto industriale italiano “per ora ha retto, ma il prossimo anno si annuncia molto difficile. O si riducono i costi o ci troveremo veramente molte aziende chiuse e tante persone in cassa integrazione”. Al momento le piccole e medie industrie non hanno chiuso o fermato la produzione, spiega il presidente di Api, ma hanno reagito cambiando i turni per ridurre i consumi di energia o ricorrendo alla cassa integrazione. Ma, senza interventi consistenti, il 60% delle imprese associate rischia di finire in grandi difficoltà, in particolare quelle metalmeccaniche, chimiche, alimentari e dei servizi.
Ora, continua Galassi, lo Stato deve intervenire, nel breve termine, con sussidi alle imprese contro il caro energia, ma anche con investimenti nella formazione e tagli al cuneo fiscale. Poi serve un cambiamento della politica energetica. In Italia “manca una strategia energetica, compriamo energia elettrica da Francia e Svizzera che la producono con il nucleare, mentre noi abbiamo detto no al nucleare. La politica energetica italiana non è mai stata a favore di chi la deve utilizzare per produrre”. Quindi, conclude Galassi, “dobbiamo iniziare a produrre veramente, con le rinnovabili e le centrali idroelettriche, autorizzando i rigassificatori ed estraendo dai nostri giacimenti nell’Adriatico”.