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Quarta dose, Remuzzi: “Sì dai 50 anni in su. Booster migliore? Quello che si può”

(Adnkronos) - La quarta dose di vaccino anti-Covid "ci sono ormai pochissimi dubbi che debba essere fatta, soprattutto nelle categorie che conosciamo bene, cioè chi ha più di 60 anni, io penso addirittura chi ha più di 50 anni, per evitare che l'infezione progredisca verso una malattia più severa. E poi all'inizio dell'autunno-inverno, cioè adesso,…

(Adnkronos) – La quarta dose di vaccino anti-Covid “ci sono ormai pochissimi dubbi che debba essere fatta, soprattutto nelle categorie che conosciamo bene, cioè chi ha più di 60 anni, io penso addirittura chi ha più di 50 anni, per evitare che l’infezione progredisca verso una malattia più severa. E poi all’inizio dell’autunno-inverno, cioè adesso, se ne dovrà fare un altro, passati i 120 giorni fra un’iniezione e l’altra: cioè la cosiddetta quinta dose per anziani e immunocompromessi, per coloro che hanno altre malattie associate come diabete, ipertensione, insufficienza renale e insufficienza respiratoria. Anche chi sta nelle Rsa e i lavoratori della sanità dovrebbero essere considerati come gruppo di priorità, quindi come minimo fare la quarta dose”. A sottolinearlo all’Adnkronos Salute è Giuseppe Remuzzi, direttore dell’Istituto di ricerche farmacologiche Mario Negri Irccs.  

“In altre parole, sull’importanza della terza dose non si discute più, la quarta dose a distanza di 120 giorni è importante per queste categorie di persone, le quali dopo altri 120 giorni dovranno fare anche la quinta dose”, riassume l’esperto. Il booster migliore? “Dovremo tener conto di una cosa: il vaccino è importante e, come è stato detto e scritto, il miglior vaccino è quello che riesci ad avere. Perché tutti proteggono in modo sostanziale dalla malattia grave”, evidenzia Remuzzi. Oggi abbiamo “o il vaccino originale con il ceppo Wuhan di Sars-CoV-2, o il bivalente originale-Omicron BA.1, o il bivalente virus originale più Omicron 4-5. Che differenza c’è? Per quanto riguarda la protezione dalla malattia severa vanno tutti bene. C’è una differenza veramente molto piccola a favore di quelli più recenti”.  

“Dal punto di vista della protezione dall’infezione, ricordiamo che i vaccini proteggono dalla malattia severa, non dal rischio di contagiarsi – precisa lo specialista – C’è un vantaggio per il bivalente Omicron 4-5 che è un pochino superiore a quello bivalente mirato a Omicron 1”. Il vantaggio in questione però, puntualizza, “non lo conosciamo clinicamente perché questo vaccino non è ancora stato dato ad abbastanza persone per sapere quanto potrà proteggere. Protegge certamente nei confronti della malattia severa come gli altri. Sulla protezione dall’infezione, noi sappiamo che dopo 20 giorni dalla sua somministrazione genera una quantità di anticorpi più alta di quanto non succeda con gli altri. Ed è verosimile che questo si possa tradurre in una minore immunoevasione. Cioè, questi ceppi nuovi” di Sars-CoV-2 “sono capaci di evadere un po’ gli anticorpi, ma i vaccini più recenti dovrebbero – o almeno questo è ciò che fanno in laboratorio – proteggere dal fenomeno dell’immunoevasione”. 

L’invito di Remuzzi è ad arrivare protetti alla stagione invernale. “Abbiamo due braccia: una serve per i vaccini aggiornati a Omicron e l’altra serve per l’antinfluenzale. Le due cose insieme potrebbero potenziarci. Quindi, dal momento che gli anziani ora vanno a fare la quarta dose o andranno a fare la quinta, se non hanno fatto l’antinfluenzale lo facciano”, esorta l’esperto.  

“E lo facciano anche tutti gli altri – aggiunge – soprattutto i sanitari che sono a contatto con persone fragili, per le quali anche un’influenza può essere delle volte fatale. Tanto è vero che ci sono degli anni in cui muoiono migliaia di persone di influenza”. 

 

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