Caso n.1. Figlio di ventuno anni, una volta conseguito il diploma di geometra, non intende iscriversi all’università né intende perfezionare il suo titolo di studio, conseguendo la relativa abilitazione. Ciònonostante il padre, nello stesso settore, gli avesse concesso tutta una serie di opportunità compresa quella di collaborare presso il proprio studio. Il Tribunale elimina l’assegno di mantenimento!Caso n.2. Figlio di trenta anni, laureato da cinque anni in nanotecnologie a Milano rimane nella città lombarda e omette per anni di fornire notizie di sé. Il padre richiede giudizialmente l’eliminazione dell’assegno di mantenimento. Il figlio non dimostrava nel processo cosa avesse fatto nel corso di questi cinque anni e come avesse messo a frutto la sua laurea con 110/110 e lode. Il Tribunale elide l’assegno di mantenimento. Si verrà poi a conoscere che il ragazzo svolgeva attività lavorativa da un paio di anni. L’ eliminazione dell’assegno percepito in malafede viene fatta con effetto retroattivo, ovvero dal momento storico dell’inizio dell’attività lavorativa. Il padre poteva chiedere la restituzione delle somme erogate.Caso n.3. Figlia di ventiquattro anni si iscrive, dopo aver frequentato una scuola di recupero con l’opzione due anni in uno, per la terza volta all’ultimo anno dell’istituto tecnico. Continua a non frequentare e pretende il mantenimento dal padre separato. Il Tribunale dichiara non più dovuto l’assegno di mantenimento.Caso n.4. Figlio di ventitrè anni, finito il liceo, passa le sue giornate nell’ozio tra computer, videogiochi, uscite con gli amici senza impegnarsi in nulla nonostante il padre l’avesse iscritto a diversi concorsi pubblici, cui non si presentava. Il Tribunale acclara il venir meno del suo diritto al mantenimento.Questi casi hanno come minimo comune denominatore il figlio adulto e il venir meno del diritto al mantenimento qualora per sua colpevole inerzia non abbia terminato gli studi o si sia attivarsi proficuamente per la ricerca di un’attività lavorativa.Negli ultimi anni il riconoscimento dell’assegno di mantenimento sta subendo sempre più restrizioni. Prima la Cassazione era di “maglia larga” nel senso di riconoscere al figlio un diritto di mantenimento anche fino ai trenta anni d’età ed oltre ovviamente legando il diritto ad esigenze di studio. Fino ad alcuni anni fa l’onere della prova della circostanza che il figlio non si stesse attivando per fare quanto in suo potere per essere in linea con gli studi od attivarsi per la ricerca di un lavoro era posto carico del genitore obbligato che doveva districarsi tra atti di accesso amministrativi ed investigatori privati. Negli ultimi anni, invece, sempre più sentenze dispongono l’ inversione dell’onere della prova. Ovvero sarà il figlio, o meglio il genitore che per suo conto percepisce l’assegno di mantenimento, a dovere dimostrare che è impossibilitato a essere in regola con gli studi, che è iscritto ad una determinata facoltà o che ha difficoltà a procedere con gli studi per problemi di salute fisica o psichica o che sta cercando un lavoro (dandone dimostrazione). Oggi come oggi un figlio silente non viene più coccolato dai Tribunali nei cui provvedimenti di dichiarazione della cessazione dell’obbligo di mantenimento sempre più spesso si legge : “il figlio maggiorenne della coppia è stato già messo dai genitori nella condizione di rendersi autosufficiente” ; “i figli non hanno voluto sfruttare le possibilità messe a loro disposizione dai genitori, protraendo senza giustificazione i tempi degli studi universitari” ; “…la temporaneità della prestazione lavorativa (contratto a termine, o borsa di studio) non costituisce ragione per mantenere sine die l’obbligo di mantenimento” Il problema di fondo tuttavia resta. Dalla separazione dei genitori i figli vengono sempre danneggiati. Perché sicuramente i genitori non separati non cacciano di casa un figlio che non ha raggiunto l’autonomia per sua colpa. Nel caso di una separazione, invece, il genitore che non convive con il figlio avrà l’interesse al venir meno del suo obbligo al mantenimento. Quindi cosa succede? Questo ragazzo rimarrà a carico del genitore collocatario il quale si troverà a non aver più un contributo dell’altro genitore. Obbligo giuridico e morale non collimano perché i figli, minorenni o maggiorenni che siano, sono sempre le vittime della separazione dei genitori. Una via di mezzo sarebbe opportuna e dei genitori ragionevoli altrettanto!
Avv. Cinzia Petitti
Direttore della rivista www.dirittoefamiglia.it https://www.facebook.com/DirittoFamiglia