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Crisi energia, Ue avanti contro i rincari

(Adnkronos) - Mentre al Castello di Praga si riunisce per la prima volta la Comunità Politica Europea, un vertice allargato a 44 Paesi del Vecchio Continente, l'Ue continua, a piccoli passi, a muoversi verso soluzioni condivise per contenere i prezzi dell'energia, saliti alle stelle dopo l'avvio della guerra in Ucraina con conseguenze sulle bollette di…

(Adnkronos) – Mentre al Castello di Praga si riunisce per la prima volta la Comunità Politica Europea, un vertice allargato a 44 Paesi del Vecchio Continente, l’Ue continua, a piccoli passi, a muoversi verso soluzioni condivise per contenere i prezzi dell’energia, saliti alle stelle dopo l’avvio della guerra in Ucraina con conseguenze sulle bollette di luce e gas. 

Il presidente del Consiglio Mario Draghi, partecipando a una tavola rotonda su energia e clima, ha ribadito quello che ripete da mesi, che servono cioè soluzioni europee: “Dobbiamo lavorare insieme per affrontare la crisi energetica. Possiamo anche farlo in ordine sparso, ma perderemmo l’unità europea”, ha detto. Quattro Paesi membri, Italia, Polonia, Belgio e Grecia, hanno messo in circolazione un non paper, un documento che non rappresenta una proposta formale e non impegna i proponenti ma fornisce idee utili al dibattito, in cui si delinea sul piano tecnico come potrebbe funzionare un tetto al prezzo del gas mobile e flessibile.  

Il documento, in sostanza, propone di istituire una banda di oscillazione per le transazioni all’ingrosso del gas naturale, ancorata ad valore di riferimento che potrebbe essere agganciato a un paniere di indicatori che ‘superano’ il Ttf, il prezzo che si forma sul mercato olandese non più considerato rappresentativo perché soggetto a oscillazioni selvagge e troppo sensibile alle manovre russe. Vengono citati come possibili benchmark il prezzo del petrolio, quello del carbone e i prezzi del gas praticati su altre piazze, come quelle Usa e quelle asiatiche. In questo modo, ancorando il prezzo praticato in Europa a quello fissato su altre piazze, si evita il rischio, paventato anche oggi dal premier olandese Mark Rutte, che le navi metaniere, assai più mobili dei gasdotti che sono fissi per definizione, possano fare rotta verso i mercati asiatici.  

Il motivo principale per cui Germania e Olanda si sono finora opposte a qualsiasi tentativo di imporre un prezzo al tetto del gas è che temono che le forniture di gas naturale liquefatto, che hanno consentito, sia pure a caro prezzo, di compensare le mancate forniture dalla Russia, si diradino e che venga quindi meno la materia prima. Finora, il gas in Europa non è mancato, malgrado le manovre del Cremlino, perché gli europei lo pagano di più. Ma proprio questa disponibilità a pagarlo qualunque cifra ha contribuito ai rincari, oltre alla speculazione, tipica dei mercati delle commodities. 

Di fatto, in Europa ci sono, a grandi linee, due schieramenti di Paesi: uno, ormai largamente maggioritario, che non è disposto a pagare il gas qualsiasi cifra; un altro, minoritario ma che comprende la Germania, disposto a pagare qualsiasi somma, disponendo di tasche profonde, per procurarsi il metano. Un altro che, avendo risorse più limitate, intende porre un freno alla scalata dei prezzi, che tra l’altro ha provocato in Europa un’ondata inflazionistica che potrebbe presto avere conseguenze sociali, e politiche, di non poco conto.  

Come è successo nei mesi che hanno preceduto l’approvazione di Next Generation Eu, è in corso un lento processo di avvicinamento tra le due posizioni, per trovare una soluzione praticabile e accettabile da ciascuno. Anche l’Olanda, che ha nel Ttf un asset prezioso per il Paese, oggi non ha usato parole di chiusura: pur non citando il price cap, il premier Rutte ha menzionato altre misure che fanno parte della ‘panoplia’ di interventi necessari a calmierare prezzi ormai fuori controllo. Su queste misure “potremmo arrivare ad un accordo nelle prossime settimane”, ha detto Rutte.  

Se la proposta lanciata dai commissari Paolo Gentiloni e Thierry Breton, di creare uno strumento come Sure, cioè un programma di prestiti agli Stati membri, per contrastare le conseguenze del caro energia, ha ricevuto come prima risposta una presa di distanza pubblica della Commissione, che si deve barcamenare tra due schieramenti, in realtà non è affatto andata a vuoto. Anzi. Nella lettera inviata ai capi di Stato e di governo, von der Leyen afferma esplicitamente che “la Commissione guarderà a fonti complementari di finanziamento per aumentare la potenza di fuoco di RePower Eu”, programma che dovrebbe sostanzialmente essere finanziato dai prestiti non utilizzati di Next Generation Eu (alcuni Paesi membri hanno rating migliori della Commissione, quindi non hanno alcun interesse ad usarli). 

I capi di Stato e di governo dell’Ue discuteranno proprio di energia nel Consiglio Europeo informale. Non sono attese né conclusioni né, tantomeno, decisioni, trattandosi oltretutto di un informale. Ma, secondo diversi osservatori, il clima va lentamente migliorando, anche perché lo schieramento dei Paesi che vogliono porre un freno ai continui rincari del gas cresce e avrebbe superato la ventina. La Commissione lavora su diversi capitoli, tra cui un tetto al prezzo del gas utilizzato per produrre elettricità, che andrebbe a pesare sui bilanci nazionali. Nel non paper viene spiegato che questa soluzione ha diversi difetti, poiché ignora “i due terzi del mercato del gas”, che comprende anche l’industria e l’uso negli edifici; crea debiti senza mettere un tetto, dato che il prezzo può continuare a salire, cosa che “richiede più risorse per mantenere il cap”; crea un “disincentivo” all’abbassamento dei prezzi, dato che “gli importatori vengono compensati” per qualsiasi differenziale di prezzo. 

Non solo. Se il tetto è “troppo basso”, allora creerà “domanda aggiuntiva”; se invece è troppo alto, “dovrà essere accompagnato da supporti aggiuntivi” a livello retail per mantenere prezzi abbordabili. Il cap a “corridoio” o a banda di oscillazione che dir si voglia, eviterebbe questi svantaggi. Il primo ministro spagnolo Pedro Sanchez oggi si è compiaciuto per la lettera della Commissione, anche perché, ha detto, propone l’estensione dell’eccezione iberica: il tetto al prezzo del gas usato per produrre elettricità è stato autorizzato in Spagna e Portogallo, poiché sono poco interconnessi al resto del mercato europeo e usano poco il gas.  

Gli schieramenti sono quindi frastagliati, non monolitici. Trovare soluzioni a 27, con 27 mix e sistemi energetici diversi, frutto delle singole storie nazionali, non è semplice. In più, il gas non è come i vaccini anti-Covid: il mercato delle commodities è assai più sviluppato e finanziarizzato di quello dei farmaci. Intervenire anche con acquisti congiunti, pertanto, è molto più complesso. Ma diversi osservatori sono convinti che il processo ormai in moto verso soluzioni comuni non si fermerà e che, alla fine, l’Ue arriverà ad un accordo. Con i suoi tempi: quanto saranno lunghi, lo si capirà al Consiglio Europeo del 20 e 21 ottobre.  

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