(Adnkronos) – Assumere iodio protegge da qualunque minaccia nucleare? No per gli esperti, secondo i quali non ha senso fare scorte di pillole allo iodio, rispetto alla minaccia dell’utilizzo dell’arma atomica da parte della Russia.
“Le pillole allo iodio, come ormai diciamo da tempo, non servono a nulla contro le radiazioni nucleari. E non ci sono altri farmaci utili a proteggerci. L’accaparramento non ha senso”, afferma all’Adnkronos Salute è Silvio Garattini, fondatore e presidente dell’Istituto di ricerche farmacologiche Mario Negri Irccs. “L’unica soluzione è evitare una catastrofe nucleare da cui non può proteggerci nulla. Possiamo solo insistere perché la politica e le organizzazioni internazionali trovino i mezzi per fermare l’escalation. E anche le persone devono farsi sentire. Per il resto che dire: ‘che Dio ci aiuti'”, conclude.
Come spiega Alfredo Pontecorvi, endocrinologo dell’università Cattolica e del Policlinico Gemelli di Roma “l’eventuale supplementazione di iodio andrebbe a proteggere solo dall’assorbimento degli isotopi radioattivi dello iodio – che hanno comunque una breve emivita, da 1 a 4 settimane – ma non certo dagli altri isotopi radioattivi emessi” quali il 137Cesio, il 90Stronzio e il 239Plutonio, che restano nell’organismo rispettivamente 30, 29 e addirittura 24mila anni. Non solo “può anche essere molto pericoloso assumere pillole allo iodio senza una logica e un controllo medico. La guerra fa certamente paura, ma l’ipotesi di un problema alla tiroide, dovuto al ‘fai da te’, è decisamente più concreto”.
“Lo iodio nella vita di tutti i giorni è fondamentale per un corretto funzionamento della tiroide, visto che questa ghiandola endocrina ne ha bisogno per ‘fabbricare’ i suoi ormoni (T3 e T4). Per assicurare il corretto apporto giornaliero di iodio è sufficiente utilizzare il sale iodato al posto del normale sale da cucina”, spiega Pontecorvi, direttore della Uoc di Medicina interna, Endocrinologia e Diabetologia della Fondazione Policlinico universitario Gemelli Irccs e ordinario di Endocrinologia all’università Cattolica, campus di Roma, in un articolo sul sito del policlinico.
Quali rischi si corrono assumendo pillole allo iodio con il ‘fai da te’? “Una dose eccessiva di iodio, superiore a 600 microgrammi al giorno per un certo periodo di tempo, può innescare – spiega l’endocrinologo – una tiroidite cronica autoimmune (tiroidite di Hashimoto), che nel tempo porta alla distruzione della tiroide e all’ipotiroidismo. Ma c’è un altro rischio, potenzialmente più severo. Se un soggetto ha una predisposizione all’ipertiroidismo, perché, ad esempio, ha un nodulo tiroideo che funziona troppo oppure una malattia autoimmune in cui la tiroide è stimolata a sintetizzare e a secernere maggiori quantità di ormoni, somministrare iodio dall’esterno equivarrebbe a gettare benzina sul fuoco; si potrebbe cioè scatenare una violenta crisi di ipertiroidismo (‘tempesta tiroidea’) la quale può provocare gravi aritmie cardiache con conseguenze anche mortali.
Sulla stessa linea Andrea Lenzi, professore ordinario di Endocrinologia all’Università Sapienza di Roma e presidente del Comitato nazionale per la biosicurezza, le biotecnologie e le scienze della vita (Cnbbsv) della presidenza del Consiglio dei ministri. “In caso di uso di armi atomiche difficile possano servire pillole di iodio per proteggere la tiroide dalle radiazioni nucleare perché, molto presumibilmente, lo scenario peggiorerebbe rapidamente e in causa ci sarebbe la salvezza della vita, non solo la prevenzione di danni d’organo. E comunque, seppure tutto si fermasse all’uso di uno solo di questi terribili ordigni, in aree lontane dal nostro Paese ci sarebbe tutto il tempo necessario per organizzare la prevenzione con questa sostanza di cui c’è disponibilità senza timori di carenze”, afferma all’Adnkronos Salute.
“Si sta parlando di bombe atomiche come se fossero confetti. Non è così. Con un ordigno del genere le persone che sono nell’epicentro dell’esplosione vengono praticamente vaporizzate in un attimo. Poi ci sono i gravi danni da radioattività di chi sta nelle zone vicine – spiega -come le patologie midollari. Infine, per chi è a grande distanza, il pericolo si esprime attraverso il rilascio nell’atmosfera di ioni radioattivi ma anche di cesio, polonio e altre sostanze tossiche. In questo caso la tiroide che è l’organo più sensibile – ricorda Lenzi – rischia di ‘bruciarsi’, ovvero di smettere di funzionare. Può anche succedere che le cellule impazziscano innescando anche una malattia oncologica”.
Da qui l’utilizzo delle compresse di iodio. “Queste pillole a base di ioduro di potassio proteggono la ghiandola tiroidea, prevenendo così l’assorbimento di iodio radioattivo e il rischio di cancro alla tiroide. Ma, nel malaugurato caso – chiosa – ci sarebbe tutto il tempo di organizzarsi e non ci sono pericoli di carenza di questo prodotto”.