(Adnkronos) – Tari sulla seconda casa, va pagata Chi ha un immobile che utilizza solo durante le vacanze deve versare al Comune la tassa sui rifiuti? Più volte diverse commissioni tributarie hanno sancito un principio che dovrebbe essere assodato scrive laleggepertutti.it: un Comune non può penalizzare un cittadino che utilizza uno o due mesi all’anno la casa in cui non risulta residente facendogli pagare un tributo comunale alla pari di chi abita in quel Comune tutto l’anno.
Le commissioni, dunque, non dicono che non si debba pagare del tutto ma chiedono che la Tari sulla seconda casa per un non residente abbia un trattamento più favorevole rispetto a quella, diciamo così, ‘standard’. Inoltre, le cose dovrebbero essere diverse per chi ha dato la seconda casa in locazione e per chi la tiene vuota quasi tutto l’anno, perché la utilizza per andare al mare ad agosto o per fare qualche settimana in montagna. Vediamo le varie possibilità e che cosa dice in proposito la giurisprudenza.
Tari sulla seconda casa in affitto
Chi ha messo in affitto la seconda casa non deve pagare direttamente la Tari perché a farlo ci deve pensare l’inquilino. Tuttavia, affinché sia il conduttore a versare il tributo al Comune, il contratto di locazione deve avere una durata superiore a sei mesi all’anno.
Chi, invece, affitta la seconda casa per meno di sei mesi all’anno deve pagare la tassa sui rifiuti. Capita, ad esempio, per gli affitti brevi, cioè quelli di durata inferiore ai 30 giorni. Se ne deduce che chi fa 12 contratti di locazione breve a fini turistici in un anno deve pagare la Tari. Nulla vieta al locatore, comunque, di caricare quel costo sul canone di locazione, pratica piuttosto diffusa.
Tari sulla seconda casa arredata ma disabitata
L’altro caso molto frequente è quello di chi ha una seconda casa arredata che utilizza solo per qualche periodo durante l’anno, cioè per le vacanze estive o invernali oppure per qualche fine settimana in cui vuole staccare dalle solite abitudini.
In questo caso, è praticamente sicuro che abbia le utenze attive, cioè luce, acqua e gas. Le ipotesi sono due:
che la seconda casa si trovi nello stesso Comune in cui si ha la residenza;
che l’immobile si trovi in un altro Comune diverso da quello in cui si è residenti.
Nella prima ipotesi, il proprietario della seconda casa deve pagare la Tari con le stesse quote (quella fissa e quella variabile) stabilite dal Comune per la tassa sui rifiuti dell’abitazione principale. Insomma, per entrambe le case si versa lo stesso tributo.
Se, invece, l’immobile si trova in un altro Comune, il proprietario dovrà sottostare alle quote stabilite in quel municipio. Anche se, come vedremo tra poco, avrà diritto ad un trattamento diverso rispetto a chi è residente in quel Comune.
Tari sulla seconda casa disabitata
Terza e ultima ipotesi: quella che riguarda la seconda casa inutilizzata e che, quindi, rimane disabitata durante tutto l’anno. Si pensi a chi ha ereditato un immobile che ha bisogno di ristrutturazione e rinvia i lavori o a chi ha investito in una casa acquistata all’asta che deve essere ancora messa a posto.
In questi casi, la Tari sulla seconda casa non va pagata solo se:
la casa è vuota, cioè senza arredi che facciano presupporre un suo utilizzo anche saltuario;
non ci sono le utenze, quindi l’immobile non è allacciato alla corrente elettrica, al gas e alla rete idrica.
Ci devono essere queste due condizioni contemporaneamente per non pagare la Tari. Se solo ne manca una, il proprietario sarà tenuto a versare al Comune la tassa sui rifiuti. Per beneficiare dell’esenzione, infatti, occorre dimostrare non solo che la seconda casa è inutilizzata ma anche che non c’è la possibilità concreta di abitarci nemmeno per qualche giorno e, quindi, di produrre rifiuti.
Tari sulla seconda casa da non residente: va pagata
E qui si arriva al punto in cui la giurisprudenza ha dato nel tempo diversi pareri. In primis, la Cassazione, secondo cui la Tari sulla seconda casa va pagata dal non residente secondo la determinazione della quota variabile della Tia, la tariffa di igiene ambientale che segue la stessa disciplina applicata alla Tari. In sostanza, la quota per le seconde case si deve calcolare – secondo la Suprema Corte – in base a questa logica proporzionale: più ampia è la superficie, maggiore è il numero di persone che si presume occupino l’immobile. Spetta, poi, al contribuente fornire gli elementi di prova idonei a dimostrare l’infondatezza di tale presunzione.
Diverso il parere della Commissione tributaria di Massa Carrara, secondo cui il calcolo della tassa rifiuti per un proprietario non residente va fatto in base alla quantità di spazzatura prodotta. Il ragionamento è lineare: meno tempo si occupa l’immobile, meno immondizia viene prodotta (almeno in teoria) e, pertanto, inquina di meno e merita uno sconto sulla Tari, che la Commissione stima al 30%. Il cittadino, però, sarà tenuto a dimostrare che utilizza la casa solo per brevi periodi di tempo. Può, ad esempio, mostrare le bollette delle utenze, facendo vedere che in alcuni periodi dell’anno i contatori sono fermi. Tuttavia, il Comune si riserva la facoltà di verificare anche con un sopralluogo che effettivamente l’immobile venga occupato soltanto in determinati periodi e non stabilmente.
Si è allineata recentemente a questo orientamento la Commissione tributaria della Toscana: i Comuni – si legge in una sentenza – non possono penalizzare chi ha una seconda casa e non è residente rispetto a chi abita tutto l’anno in quel territorio, con tariffe elevate slegate dalla reale produzione dei rifiuti. Per la Commissione, dunque, non è legittimo il regolamento comunale che non rispetta il principio di proporzionalità.