La Corte di Cassazione ha annullato con rinvio la condanna a 20 anni di reclusione inflitta dalla Corte di Appello di Bari nei confronti del boss Filippo Capriati, 51 anni, nipote dello storico capo clan barese Tonino.
I giudici, però, hanno accolto il ricorso della difesa unicamente con riferimento al reato di associazione per delinquere finalizzata al traffico di droga, rigettando il ricorso sugli altri reati, compreso quello di capo dell’associazione mafiosa che, ha ricostruito la Dda, gestiva alcuni servizi, come la viabilità, all’interno del porto di Bari.
Diventa quindi definitiva la sentenza sul ruolo di Filippo Capriati nel clan, come nuovo capo del gruppo mafioso, e anche la ricostruzione accusatoria sulla gestione mafiosa del porto. I giudici hanno anche confermato i risarcimenti danni alle parti civili costituite, la cooperativa Ariete che gestiva quei servizi e di cui alcuni imputati erano dipendenti, e l’autorità portuale.
La Suprema Corte, ancora, ha annullato con rinvio, per rideterminazione delle pene, anche le condanne di altri cinque imputati.
Diventano invece definitive quelle nei confronti di ulteriori 11 imputati, tra i quali Pietro Capriati, fratello del boss Filippo, condannato a 10 anni e 8 mesi di reclusione. Nel processo era contestato ad alcuni componenti del gruppo criminale anche di aver obbligato i commercianti del mercato di Santa Scolastica e gli ambulanti della festa patronale di San Nicola del 2015 ad acquistare merce da fornitori amici, utilizzando la forza di intimidazione del “brand Capriati”, oltre a traffico di armi, furti e rapine.