In questi giorni sui giornali sta facendo scalpore una sentenza della Corte di Cassazione che si è pronunciata sul caso di separazione giudiziale di uno dei nostri re della moda.
Molte testate titolano “Dovrà versare il mensile all’ex moglie nonostante le infedeltà di lei”.
Ed alcune addirittura disquisiscono di divorzio allorquando si tratta di processo di separazione giunto in Cassazione, cosa ben diversa.
A caratteri cubitali si evidenzia questa circostanza facendo presumere la discrasia tra addebito della separazione (invero non pronunziato) al coniuge ed assegno di mantenimento, di ben sessantamila euro, riconosciuto nonostante il tradimento.
Nulla di particolarmente nuovo ha statuito la Cassazione rifacendosi a consolidati principi.
E’ opportuno, invero, esaminare più nel dettaglio e correttamente la vicenda giudiziaria partendo proprio dalla sentenza della Corte di N. sez. 2702/202 , pubblicata il 02/09/2022.
Il Tribunale di Firenze, nel 2018, emetteva sentenza di separazione tra le parti e dichiarava l’inammissibilità dell’addebito disponendo un assegno di mantenimento per il coniuge di €20.000,00, per il figlio di €500,00 al mese nonché l’accollo al 100% delle spese straordinarie di quest’ultimo.
In sede di appello l’assegno di mantenimento per il coniuge veniva rideterminato in €60.000,00 ed in €5.000,00 per il figlio, con effetto retroattivo dalla domanda.
Pronunciandosi la Corte di Appello di Firenze sull’addebito della separazione, dichiarava ammissibile la domanda in quanto proposta ritualmente ma la rigettava perché non provato il collegamento causale tra la violazione del dovere di fedeltà e il fallimento dell’unione.
Rilevando, poi, “che l’accettazione da parte del marito dei comportamenti tenuti dalla moglie, in contrasto con il predetto dovere, consentiva di escludere che egli li avesse ritenuti tali da rendere intollerabile la prosecuzione della convivenza, impedendo pertanto di individuare la causa di tale intollerabilità in analoghi comportamenti successivi”.
Secondo un vecchio principio se nel corso di una separazione un coniuge tradisce l’altro ma poi c’è un perdono o comunque una tolleranza da parte dell’altro e si continua nella vita matrimoniale non si può dopo mesi od anni chiedere la separazione con addebito, perché in buona sostanza si ritornerebbe su fatti che la coppia ha superato.
Ma la Corte di Appello va oltre tale principio ritenendo presunta la tolleranza non solo per gli episodi del passato ma anche per quelli successivi.
Una limitazione non certo giusta!
Ed, invero, in Cassazione viene impugnata la sentenza della Corte di Appello sul punto motivando che la tolleranza manifestata nei confronti delle precedenti relazioni extraconiugali “non impedirebbe di lamentarsi di quelle successive soprattutto nel caso le stesse risultino numerose e continuate”.
La Corte di Cassazione accoglie il motivo di ricorso principale e rinvia la causa davanti alla Corte di Appello di Firenze per l’esame della domanda di addebito, sancendo il principio che “in tema di separazione personale dei coniugi la dichiarazione di addebito implica la prova che l’irreversibile crisi coniugale sia ricollegabile esclusivamente al comportamento di uno o entrambi i coniugi”.
La stessa Corte ha dichiarato non condividersi la il principio della sentenza impugnata “secondo cui l’accettazione da parte del ricorrente di comportamenti lesivi del dovere di fedeltà tenuti dalla moglie alcuni anni prima del ricorso per separazione consentisse di ritenere che egli non li considerasse tali da rendere intollerabile la prosecuzione della convivenza ed escludeva la possibilità di far valere quale causa di addebito analoghi comportamenti tenuti successivamente dalla donna”.
In buona sostanza ammettendo che debba essere valutata la presenza di tradimenti successivi e che questi possano avere rilevanza ai fini dell’addebito della separazione se dimostrati in sede istruttoria, cosa che il marito ha richiesto di dimostrare sin dal primo grado.
Quindi ha rimesso la causa davanti alla Corte di Appello per valutare tali fatti.
Il marito tradito ha, difatti, chiesto di essere ammesso a provare la relazioni extraconiugali della moglie successive alla loro riappacificazione (od al comportamento tollerante) onde dimostrare che la crisi del matrimonio fosse strettamente legata a questi tradimenti.
Il coniuge, infatti, se inizialmente ha tollerato il tradimento, ha cambiato atteggiamento quando la fiducia è stata nuovamente tradita e, persa ogni speranza, ha chiesto la separazione giudiziale.
Quindi la tolleranza manifestata per i pregressi tradimenti non significa che non abbia diritto ad un cambio di atteggiamento ed a dimostrare nel processo che proprio quei tradimenti successivi abbiano causato la rottura del matrimonio.
Nel caso in cui riuscisse a dimostrare ciò e la moglie non dovesse provare che la crisi coniugale sia determinata da altri motivi o da fatti pregressi ai nuovi tradimenti, il ricco coniuge non dovrebbe più versare alcun assegno di mantenimento all’altro come conseguenza della pronunzia di addebito che anche comporta la perdita di ogni diritto ereditario.
La partita ancora è aperta ed il tutto torna davanti alla Corte di Appello di Firenze per lo svolgimento della attività istruttoria richiesta.
Cinzia Petitti è avvocato e direttore della rivista www.Diritto§Famiglia.it