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Rincari, imprese sul lastrico: 57mila a rischio in Puglia

Sono 57 mila le piccole imprese pugliesi energivore che rischiano di pagare il prezzo più alto dell’attuale crisi. A scriverlo nero su bianco è Confartigianato ha fatto una rendicontazione passando al setaccio il tessuto imprenditoriale italiano. In tutto, sempre a livello regionale, sono coinvolti 177 mila addetti. A livello nazionale, invece, Il caro-energia mette a…

Sono 57 mila le piccole imprese pugliesi energivore che rischiano di pagare il prezzo più alto dell’attuale crisi. A scriverlo nero su bianco è Confartigianato ha fatto una rendicontazione passando al setaccio il tessuto imprenditoriale italiano. In tutto, sempre a livello regionale, sono coinvolti 177 mila addetti. A livello nazionale, invece, Il caro-energia mette a rischio 881.264 micro e piccole imprese con 3.529.000 addetti, pari al 20,6% dell’occupazione. La regione in cui si registra l’impatto maggiore è la Lombardia, dove sono a rischio 139mila aziende con 751mila addetti. La meno esposta è la Sicilia (63mila imprese, 165mila occupati). Non va meglio però al Veneto, dove a soffrire sono 77mila piccole imprese con 376mila occupati. Seguono a breve distanza l’Emilia-Romagna (72mila piccole imprese con 357mila addetti), il Lazio (79mila imprese e 304mila addetti), il Piemonte con 62mila aziende che danno lavoro a 262mila addetti, la Campania (77mila imprese con 240mila addetti), la Toscana con 63mila imprese e 228mila addetti, e, infine, la Puglia.

«Rischiamo un’ecatombe – avverte il presidente di Confartigianato Marco Granelli -. Servono interventi immediati ma anche altrettanto rapide riforme strutturali per riportare i prezzi dell’energia sotto controllo e scongiurare una crisi senza precedenti. L’azzeramento degli oneri generali di sistema per luce e gas, la proroga e l’ampliamento del credito d’imposta sui costi di elettricità e gas per le imprese non energivore e non gasivore. Inoltre va fissato un tetto europeo al prezzo del gas e va recuperato il gettito calcolato sugli extraprofitti, per non aggravare la situazione del bilancio pubblico». I settori più esposti, dove le imprese rischiano addirittura la chiusura, sono il tessile, la lavorazione del legno, le attività di stampa, la produzione di accumulatori elettrici e di apparecchi per uso domestico, di motori e accessori per auto, la fornitura e gestione di acqua e rifiuti. Gli effetti del caro-energia non risparmiano il settore dei servizi, con diciassette comparti sotto pressione a causa dell’escalation dei prezzi di energia elettrica, gas e carburanti. Si tratta del commercio di materie prime agricole e di prodotti alimentari, ristorazione, servizi di assistenza sociale residenziale, servizi di asili nido, attività sportive come piscine e palestre, parchi di divertimento, lavanderie e centri per il benessere fisico. Infine i settori del trasporto, colpiti dall’aumento del costo del gasolio: dal trasporto merci su strada ai servizi di trasloco, taxi, noleggio auto e bus con conducente, trasporto marittimo e per vie d’acqua. I rischi si estendono anche alla logistica, con attività come il magazzinaggio e le attività di supporto ai trasporti che subiscono pesanti rincari delle bollette per le attività di refrigerazione delle merci deperibili.

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