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Elezioni, parla Patuanelli: «Addio al campo largo? Danno ai cittadini»

«Il campo largo è stato demolito da Letta», un dispiacere non solo in termini elettorali ma anche personali per il ministro delle Politiche Agricole, Stefano Patuanelli, che ieri a Noicattaro ha partecipato a un incontro sulle criticità del comparto agricolo, tra calamità naturali e aumento dei costi. Alla luce dei sondaggi in questi giorni la…

«Il campo largo è stato demolito da Letta», un dispiacere non solo in termini elettorali ma anche personali per il ministro delle Politiche Agricole, Stefano Patuanelli, che ieri a Noicattaro ha partecipato a un incontro sulle criticità del comparto agricolo, tra calamità naturali e aumento dei costi.

Alla luce dei sondaggi in questi giorni la fine del campo largo è stato un errore, un peccato o era una situazione irrecuperabile?

«Non guardo i sondaggi, ma il dispiacere della fine del campo largo non è legato al risultato elettorale ma alle risposte da dare ai cittadini. In particolare, a coloro che sono più deboli e non arrivano alla seconda settimana del mese. Purtroppo, la scelta di Letta ha di fatto demolito lo spirito del campo largo. Forse proprio perché guardava a sondaggi che in quel momento davano il Movimento in difficoltà e ha preferito rivolgersi a un altro elettorato».

Ci sono i margini per una ricomposizione dopo il voto?

«Lo escludo perché non vedo le condizioni, ormai le distanze sono incolmabili. Per me è un dispiacere perché in questi mesi sono stato tra gli attori dei vari accordi stretti con il Partito Democratico nell’azione di governo. Ci credevo».

Azione che invece prosegue qui in Puglia, con Emiliano.

«Laddove proseguano in modo efficace, come in Puglia con Emiliano, le alleanze reggono e per farlo devono continuare a dare risposte ai cittadini. Lo stanno facendo grazie all’apporto della giunta e dei consiglieri regionali e fino a quando questo accade le alleanze reggono. Non è cambiato lo spirito con il quale la giunta regionale sta lavorando».

Intanto, ci sono le ultime sedute del Consiglio dei ministri per dare risposte, anche agli agricoltori.

«Sono qui oggi con grande preoccupazione perché so che sono a rischio milioni di posti di lavoro. L’agricoltura è un perno dell’economia nazionale e non possiamo rimanere inermi».

Cosa farete in concreto?

«Ho già proposto, ad esempio, la proroga del credito d’imposta sul gasolio agricolo fino a fine anno ma non è passata e la riproporrò. Al prossimo Consiglio dei ministri dovremo dare fondo a tutte le risorse disponibili per far fronte all’emergenza. Uno dei motivi per cui non me la sentivo più di andare avanti con questo governo, però, è il fatto di leggere i testi dei decreti direttamente in Consiglio dei ministri. Poi in molti casi quei testi sono stati anche scritti male, come nel caso dei nove miliardi di tasse che le imprese di gas ed elettricità non hanno pagato».

Tutta colpa della burocrazia?

«Non me la sento di dare la colpa alla struttura, abbiamo vissuto due anni straordinari. Faccio il ministro da tre e solo per le calamità naturali la cifra impegnata è passata da meno di un miliardo del 2014 all’1,7 del 2017 e a più di tre quest’anno. Su Pnrr ho ottenuto dai 2,5 iniziali ben 7,9 miliardi. Ho erogato miliardi di aiuti alle imprese ma spesso non si vedono perché la burocrazia rallenta tutto e non è colpa dei funzionari ma della straordinarietà del momento. Oggi sono in difficoltà per i contratti di filiera perché abbiamo poche risorse umane».

Infine, il problema energetico.

«Solo con la pandemia c’è stato uno slancio nel senso di comunità per l’Europa ma subito dopo l’Ue è tornata vittima di egoismi. L’azienda agricola consuma meno energia di quanta ne produrrebbe con un impianto fotovoltaico, tuttavia l’Ue impone il limite dell’autoconsumo alle imprese per non fare concorrenza sleale ai produttori di energia».

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